Giacomo e Tina abitano nella stanza 426. Hanno il viso minuto e gli occhi grandi, di un colore indefinibile. Giacomo e Tina se li vedi pensi che sono due nonni, ma se li conosci capisci che prima di tutto sono un fratello e una sorella. Uniti da un affetto che è simbiosi e che quasi mi commuove. Sono ingenui e fiduciosi, infinitamente teneri. Abitano dentro la stanza 426 e dentro i dolori delle ossa.
"Siamo indivisibili da una vita ed ancora di più da quando siamo rimasti soli al mondo" dice lei con un soffio di voce, come a volere giustificare questo loro attaccamento così forte. Lei ha cresciuto Giacomo, è stata per lui una piccola mamma ed ora lui ricambia prendendosi cura amorevolmente di lei, tanto che non la lascia sola nemmeno per un attimo.
Sono indivisibili Giacomo e Tina e da un mese o poco più abitano nella stanza 426 dell'ospedale. Due fratture al femore nell'arco di un anno, lei, e ancora fatica a camminare. La spalla rotta e mille acciacchi, lui, per cercare di sorreggerla, di non farla cadere.
Ha 92 anni Tina e Giacomo ne ha più di 80 eppure a volte mi sembrano due bambini che si tengono per mano per vincere la paura, perché sembra quasi che ormai la vita stia dando loro le spalle.
Li vado a trovare ogni giorno, loro sono i miei pazienti speciali. E lo so che mi aspettano e mi prende un senso di apprensione, come per una promessa non mantenuta, se per caso mi capita di passare in ritardo.
Mi aspettano impazienti dentro quei pochi metri quadrati di bianco e tengono in caldo il loro sorriso più dolce per quando mi vedono apparire sulla soglia della camera. Per loro redigo il menu del giorno e mi premuro che venga dato loro tutto ciò di cui hanno bisogno. E non è molto ciò di cui hanno bisogno. La memoria è quanto di più prezioso hanno e riesco a sentire a fior di pelle quanto vivano dentro ad un presente impuro, imbevuto fino al midollo di passato.
Per loro io sono la memoria sollecitata. Sono la voglia di ascoltare. Sono l'eco verdemare della giovinezza.
"Giacomo, Giacomo, è arrivata la signorina!" così mi chiama la Tina, così annuncia al fratello appena faccio capolino sulla porta. "Giacomo falla accomodare in poltrona!"
Su quella grande poltrona color castoro, sistemata accanto alla finestra, hanno steso un telo bianco, quasi a volerne proteggere la pelle ed io mi ci acciambello e sprofondo per un attimo nella sensazione d'essere nel salotto accogliente di casa loro. E nell'amniotica semplicità delle cose.
Dentro quella stanza regna un ordine quasi maniacale, non un briciolo di polvere, ogni cosa è sempre al suo posto, perfettamente piegata, stirata allineata, sistemata. Le bottiglie dell'acqua, le creme per il viso, le camicie da notte con i fiorellini, le ciabatte ai piedi del letto, le confezioni delle medicine e qualche libro di cui, con curiosità sbircio gli autori. Fogazzaro e Bassani. Poi Doris Lessing.
La loro ansia si sta sciogliendo e lascia spazio ad una sensazione di sollievo. "Ci stavamo preoccupando, oggi è arrivata più tardi del solito, Giacomo ed io pensavamo che stesse male, eravamo tanto preoccupati". La Tina stamattina sorride e ha una voglia matta di parlare. Le spiego che ho avuto tanto da fare giù, nel mio reparto, le sfioro la spalla e le strizzo l'occhio dicendo loro che non devono stare in pensiero.
Sul comodino accanto al letto, tra le medicine e il Resto del Carlino fresco di notizie, si stagliano un vaso di splendide calle ed una lancinante fitta di nostalgia. Perché le calle mi ricordano mia nonna. Mi viene istintivo sfiorarli quei fiori bianchi venati di giallo, che profumano di dolce e d'antico. Come i profumi dei ricordi. Mia nonna le ha coltivate per una vita intera, così da renderle eterne nei miei pensieri.
Che belle queste calle, dico, e che bella che è stamattina la Tina. Ieri è venuta Tiziana, la parrucchiera dell'ospedale e le ha messo in piega i capelli. E' così felice che l'abbia notato ed un po' si intimidisce e si rannicchia tra le spalle, in una sorta di roseo pudore. La Tina ha i capelli grigi come il cielo là fuori, ma quando indossa questo sorriso sembra leggiadra come una fanciulla.
Sono solo attimi quelli che passo in loro compagnia, ma dentro quegli attimi loro sanno srotolare interi anni di vita ed è un tempo strano quello che respiro, quello che mescola l'adesso all'allora. E si fiuta forte l'odore della nostalgia nell'aria della camera 426.
Seguo i loro anni a ritroso, ascolto le loro storie, levigate come ciottoli di fiume, a furia d'essere raccontate. Il passato sopravvive nella fragranza dei loro sorrisi, dentro disparati pensieri che spaziano controcorrente. Dentro quasi un secolo di vita trascorsa. Dentro ricordi tenuti nella custodia ed al sicuro, pronti per essere raccontati. Pronti per essere ascoltati. Ed io sono lì per questo, acciambellata sulla poltrona.
"Signorina lo sa che Giacomo da giovane ha fatto la bella vita?" dice la Tina. E me lo dice ogni giorno ed è come se volesse coniugare al presente l'immagine di loro due, giovani e spensierati. La mia curiosità è il loro fuoco ed i loro occhi si accendono all'unisono. Lo so e ne sono felice.
E così mi raccontano che dal 1950 al 1964 hanno vissuto entrambi a Roma perché il marito della Tina gestiva un importante albergo di lusso, il Residence Palace Hotel, poi successivamente venduto a chi, non ho ben capito, ma dovevano essere dei milanesi. E questa cessione segnò il loro ritorno alla natia Bologna. Ci tengono però prontamente a dirmi che la piccola Bologna non è altro che un borgo rispetto alla grandezza di Roma, che a Roma vivevano in un appartamento di otto stanze, vicino a Palazzo Spinetti, nel cuore del Vaticano. E aggiungono che avrebbero avuto la possibilità di rimanere a viverci per sempre a Roma, rilevando delle macellerie, ma poi si sa, la vita prende spesso altre pieghe. Continuano a divagare in ordine sparso sul filo di ricordi e di confidenze, ma alla fine è al discorso dell'albergo che amano tornare.
Questo albergo, nel cuore del Parioli, era frequentato da personaggi altolocati e da star internazionali, del calibro di Ernest Bourgnine, di Jane Mansfield, della Lollobrigida, di Haya Harareet, l'attrice principale di Ben Hur, di Cary Grant e poi ancora cantanti popolari, come Nilla Pizzi, politici, sportivi, cardinali, persino il Principe di Spagna. Giacomo mi mostra le foto che lo ritraggono con questi personaggi, me le porge ad una ad una e mi indica fiero gli autografi con tanto di dedica. Giacomo me ne racconta i vizi, gli stravizi, le manie. Mi racconta delle mance che lasciavano. Del fiume di denaro e di vita che scorreva in quella Roma d'epoca. Del Teatro di Rivista e dell'Avanspettacolo, dei locali da ballo e dello sfavillio degli abiti da sera. Della voglia di vivere perché la guerra era finita ed era così bella la sensazione d'essere vivi.
"Giacomo ha fatto la bella vita!" ripete ancora la Tina, aprendo una parentesi tra i racconti del fratello, come a volere sottolineare ancora, ancora una volta, che sono stati giovani anche loro e che hanno vissuto molto intensamente. Penso alla Dolce Vita, penso ad una Roma immaginata, senza peso, senza affanno. Ad una Roma che sembra scomparsa, che rivive solo nei ricordi e dentro a vecchie pellicole.
Mi raccontano che la sera andavano spesso a mangiare ai Castelli Romani, mi parlano di quelle immense tavolate, del profumo di quelle notti d'estate, delle trattorie che frequentavano, del buon vino che riscaldava l'allegria e infine del Ponentino.
"Lo conosce il Ponentino, signorina?" mi chiedono quasi all'unisono, l'uno l'eco dell'altro. E con le parole ritagliano per me un'immagine di quell'aria frizzante che si respirava allora, da cui si veniva quasi assorbiti e mi descrivono quei cieli e tutte le sfumature di colore che il vento riusciva a portare. I loro racconti di quegli anni felici sono per me come il romanzo di un mondo che non ho conosciuto e per un attimo provo anch'io nostalgia. Anche se non so bene per cosa. Sarà per via dell' atmosfera che sanno creare o per la leggerezza con cui entrambi riescono ad incantarmi.
"Domani le porto a vedere altre fotografie" mi aveva detto tutto contento Giacomo, ieri mattina. Sarebbe passato da casa e avrebbe infilato nella sua vecchia ventiquattrore altri album di foto.
"Giacomo, Giacomo" lo aveva esortato la sorella, "Metti in borsa anche le foto della Tina anteguerra!"
A quella frase mi si era sgranato sulle labbra un gran sorriso. Perché non aveva semplicemente chiesto al fratello di mettere in borsa le sue foto anteguerra. Aveva precisato, quelle della Tina anteguerra, come se ora lei fosse un'altra persona, un'altra Tina. Prigioniera dentro ad un altro corpo. Come se ora non si riconoscesse più la stessa, nella stessa gioia di vivere.
La Tina anteguerra, che stramberia questo pensiero!
Giacomo apre con zelo rinnovato la sua valigetta di pelle nera e ne estrae libricini, lettere smembrate dal tempo, ricordi di lei, di lui, di entrambi ed ancora fotografie.
Avrà avuto 18 anni la Tina dentro quella fotografia in bianco e nero, la esploro con la punta delle dita, con la delicatezza che le si conviene e osservo attenta quell'abito crepitante di amido, con ricami antichi. Quel corpo morbido e flessuoso, la chioma fluente e sullo sfondo riesco ad intravedere la coda di un tram. Riconosco esattamente il luogo in cui è stata scattata. Chiedo se è via Ugo Bassi.
"Sì, vicino alla fontana!" dice lei. "Una volta c'erano i fotografi che passeggiavano lungo il centro storico di Bologna e quel giorno io mi feci scattare questa foto, volevo spedirla a Roma, ad Arrigo, il mio futuro marito!"
Una dedica con inchiostro blu campeggia in calce alla fotografia. "Così ti ricorderai di me anche da lontano". Un pensiero semplice ed innocente. Un invito. Un messaggio d'amore. E d'un tratto il suo volto si addolcisce.
Poi mi mostra lettere su carta ormai ingiallita e ha le lacrime agli occhi. Sta per dire qualcosa, ma sento che è meglio che questa storia rimanga taciuta, lascio che si affacci sulla soglia, ma sposto subito il discorso lontano, su Roma e sugli anni felici, sulle facciate dei vetri rigate di pioggia. Rivoglio sorprenderli, con i loro sorrisi in flagrante, mentre ripercorrono i ricordi.
Guardo i loro visi, un atlante di rughe. I capelli bianchi. Riesco a sentire forte quanto il futuro faccia loro paura.
Un futuro che si regge a stento sulle gambe. Che ha bisogno di stampelle e di ausili. Che ha bisogno di carezze. Per tenere lontano l'oblio. Per placare il dolore, perché il dolore rende vecchi e rende silenziosi se non c'è nessuno che ascolta. Perché il dolore è tempo sottratto. Al brusio della vita che scorre nelle vene, nell'alfabeto delle cellule.
Sento i loro pensieri non detti. La giovinezza che è stata strappata di dosso, barattata con un presente ammalato di malanni, segnato dagli urti del tempo. Abitano dentro i dolori delle ossa, Giacomo e la Tina. Dentro un atlante di rughe, dentro gli occhi arrossati e la guerra del tempo, tra l'allora e l'adesso. E hanno questo sorriso segreto, sotto alla polpa del cuore, anche se il loro corpo di oggi parla un'altra lingua. Anche se ogni ricordo ricordato è un corpo a corpo con la nostalgia.
Le storie di Giacomo e della Tina appartengono solo a loro, ma ogni volta che in punta di piedi entro nella camera 426 sento che appartengono un po' anche a me.
Luca ed io amiamo accompagnare la carne, specialmente gli arrosti, con delle salse fatte in casa. Avendo della rucola in frigorifero abbiamo pensato di utilizzarla come ingrediente principale e di abbinarla alle nocciole per stemperare il sapore forte della rucola. Ne è risultata una salsa molto equilibrata, perfetta per accompagnare il nostro arrosto. Il vino che abbiamo abbinato è un Ruché del 2007 della Cantina Dezzani.
Prima di tutto preriscaldiamo il forno a 190 gradi. Insaporiamo il taglio di arrosto con un trito di aglio, di rosmarino, di timo e con qualche macinata di pepe. Adagiamo l'arrosto su di una teglia e inforniamo. Lasciamo cuocere per circa venti minuti per lato poi irroriamo con il vino bianco. Quando sarà evaporato versiamo nella teglia un bel mestolo di brodo vegetale e continuiamo la cottura fino a completarla, rigirando di tanto in tanto il trancio d'arrosto. Togliamo dal forno e lasciamo raffreddare prima di tagliare l'arrosto a fette.
Nel frattempo prepariamo la salsa. In un mixer versiamo la rucola spezzettata, lo spicchio d'aglio fresco, il pecorino romano grattugiato, le nocciole tritate grossolanamente e per finire l'olio extravergine d'oliva. Frulliamo il tutto e la salsa è subito pronta.
A questo punto in una padella antiaderente andiamo a scaldare le fette di arrosto con un po' di fondo di cottura. Serviamo subito.
Ha 92 anni Tina e Giacomo ne ha più di 80 eppure a volte mi sembrano due bambini che si tengono per mano per vincere la paura, perché sembra quasi che ormai la vita stia dando loro le spalle.
Li vado a trovare ogni giorno, loro sono i miei pazienti speciali. E lo so che mi aspettano e mi prende un senso di apprensione, come per una promessa non mantenuta, se per caso mi capita di passare in ritardo.
Mi aspettano impazienti dentro quei pochi metri quadrati di bianco e tengono in caldo il loro sorriso più dolce per quando mi vedono apparire sulla soglia della camera. Per loro redigo il menu del giorno e mi premuro che venga dato loro tutto ciò di cui hanno bisogno. E non è molto ciò di cui hanno bisogno. La memoria è quanto di più prezioso hanno e riesco a sentire a fior di pelle quanto vivano dentro ad un presente impuro, imbevuto fino al midollo di passato.
Per loro io sono la memoria sollecitata. Sono la voglia di ascoltare. Sono l'eco verdemare della giovinezza.
"Giacomo, Giacomo, è arrivata la signorina!" così mi chiama la Tina, così annuncia al fratello appena faccio capolino sulla porta. "Giacomo falla accomodare in poltrona!"
Su quella grande poltrona color castoro, sistemata accanto alla finestra, hanno steso un telo bianco, quasi a volerne proteggere la pelle ed io mi ci acciambello e sprofondo per un attimo nella sensazione d'essere nel salotto accogliente di casa loro. E nell'amniotica semplicità delle cose.
Dentro quella stanza regna un ordine quasi maniacale, non un briciolo di polvere, ogni cosa è sempre al suo posto, perfettamente piegata, stirata allineata, sistemata. Le bottiglie dell'acqua, le creme per il viso, le camicie da notte con i fiorellini, le ciabatte ai piedi del letto, le confezioni delle medicine e qualche libro di cui, con curiosità sbircio gli autori. Fogazzaro e Bassani. Poi Doris Lessing.
La loro ansia si sta sciogliendo e lascia spazio ad una sensazione di sollievo. "Ci stavamo preoccupando, oggi è arrivata più tardi del solito, Giacomo ed io pensavamo che stesse male, eravamo tanto preoccupati". La Tina stamattina sorride e ha una voglia matta di parlare. Le spiego che ho avuto tanto da fare giù, nel mio reparto, le sfioro la spalla e le strizzo l'occhio dicendo loro che non devono stare in pensiero.
Sul comodino accanto al letto, tra le medicine e il Resto del Carlino fresco di notizie, si stagliano un vaso di splendide calle ed una lancinante fitta di nostalgia. Perché le calle mi ricordano mia nonna. Mi viene istintivo sfiorarli quei fiori bianchi venati di giallo, che profumano di dolce e d'antico. Come i profumi dei ricordi. Mia nonna le ha coltivate per una vita intera, così da renderle eterne nei miei pensieri.
Che belle queste calle, dico, e che bella che è stamattina la Tina. Ieri è venuta Tiziana, la parrucchiera dell'ospedale e le ha messo in piega i capelli. E' così felice che l'abbia notato ed un po' si intimidisce e si rannicchia tra le spalle, in una sorta di roseo pudore. La Tina ha i capelli grigi come il cielo là fuori, ma quando indossa questo sorriso sembra leggiadra come una fanciulla.
Sono solo attimi quelli che passo in loro compagnia, ma dentro quegli attimi loro sanno srotolare interi anni di vita ed è un tempo strano quello che respiro, quello che mescola l'adesso all'allora. E si fiuta forte l'odore della nostalgia nell'aria della camera 426.
Seguo i loro anni a ritroso, ascolto le loro storie, levigate come ciottoli di fiume, a furia d'essere raccontate. Il passato sopravvive nella fragranza dei loro sorrisi, dentro disparati pensieri che spaziano controcorrente. Dentro quasi un secolo di vita trascorsa. Dentro ricordi tenuti nella custodia ed al sicuro, pronti per essere raccontati. Pronti per essere ascoltati. Ed io sono lì per questo, acciambellata sulla poltrona.
"Signorina lo sa che Giacomo da giovane ha fatto la bella vita?" dice la Tina. E me lo dice ogni giorno ed è come se volesse coniugare al presente l'immagine di loro due, giovani e spensierati. La mia curiosità è il loro fuoco ed i loro occhi si accendono all'unisono. Lo so e ne sono felice.
E così mi raccontano che dal 1950 al 1964 hanno vissuto entrambi a Roma perché il marito della Tina gestiva un importante albergo di lusso, il Residence Palace Hotel, poi successivamente venduto a chi, non ho ben capito, ma dovevano essere dei milanesi. E questa cessione segnò il loro ritorno alla natia Bologna. Ci tengono però prontamente a dirmi che la piccola Bologna non è altro che un borgo rispetto alla grandezza di Roma, che a Roma vivevano in un appartamento di otto stanze, vicino a Palazzo Spinetti, nel cuore del Vaticano. E aggiungono che avrebbero avuto la possibilità di rimanere a viverci per sempre a Roma, rilevando delle macellerie, ma poi si sa, la vita prende spesso altre pieghe. Continuano a divagare in ordine sparso sul filo di ricordi e di confidenze, ma alla fine è al discorso dell'albergo che amano tornare.
Questo albergo, nel cuore del Parioli, era frequentato da personaggi altolocati e da star internazionali, del calibro di Ernest Bourgnine, di Jane Mansfield, della Lollobrigida, di Haya Harareet, l'attrice principale di Ben Hur, di Cary Grant e poi ancora cantanti popolari, come Nilla Pizzi, politici, sportivi, cardinali, persino il Principe di Spagna. Giacomo mi mostra le foto che lo ritraggono con questi personaggi, me le porge ad una ad una e mi indica fiero gli autografi con tanto di dedica. Giacomo me ne racconta i vizi, gli stravizi, le manie. Mi racconta delle mance che lasciavano. Del fiume di denaro e di vita che scorreva in quella Roma d'epoca. Del Teatro di Rivista e dell'Avanspettacolo, dei locali da ballo e dello sfavillio degli abiti da sera. Della voglia di vivere perché la guerra era finita ed era così bella la sensazione d'essere vivi.
"Giacomo ha fatto la bella vita!" ripete ancora la Tina, aprendo una parentesi tra i racconti del fratello, come a volere sottolineare ancora, ancora una volta, che sono stati giovani anche loro e che hanno vissuto molto intensamente. Penso alla Dolce Vita, penso ad una Roma immaginata, senza peso, senza affanno. Ad una Roma che sembra scomparsa, che rivive solo nei ricordi e dentro a vecchie pellicole.
Mi raccontano che la sera andavano spesso a mangiare ai Castelli Romani, mi parlano di quelle immense tavolate, del profumo di quelle notti d'estate, delle trattorie che frequentavano, del buon vino che riscaldava l'allegria e infine del Ponentino.
"Lo conosce il Ponentino, signorina?" mi chiedono quasi all'unisono, l'uno l'eco dell'altro. E con le parole ritagliano per me un'immagine di quell'aria frizzante che si respirava allora, da cui si veniva quasi assorbiti e mi descrivono quei cieli e tutte le sfumature di colore che il vento riusciva a portare. I loro racconti di quegli anni felici sono per me come il romanzo di un mondo che non ho conosciuto e per un attimo provo anch'io nostalgia. Anche se non so bene per cosa. Sarà per via dell' atmosfera che sanno creare o per la leggerezza con cui entrambi riescono ad incantarmi.
"Domani le porto a vedere altre fotografie" mi aveva detto tutto contento Giacomo, ieri mattina. Sarebbe passato da casa e avrebbe infilato nella sua vecchia ventiquattrore altri album di foto.
"Giacomo, Giacomo" lo aveva esortato la sorella, "Metti in borsa anche le foto della Tina anteguerra!"
A quella frase mi si era sgranato sulle labbra un gran sorriso. Perché non aveva semplicemente chiesto al fratello di mettere in borsa le sue foto anteguerra. Aveva precisato, quelle della Tina anteguerra, come se ora lei fosse un'altra persona, un'altra Tina. Prigioniera dentro ad un altro corpo. Come se ora non si riconoscesse più la stessa, nella stessa gioia di vivere.
La Tina anteguerra, che stramberia questo pensiero!
Giacomo apre con zelo rinnovato la sua valigetta di pelle nera e ne estrae libricini, lettere smembrate dal tempo, ricordi di lei, di lui, di entrambi ed ancora fotografie.
Avrà avuto 18 anni la Tina dentro quella fotografia in bianco e nero, la esploro con la punta delle dita, con la delicatezza che le si conviene e osservo attenta quell'abito crepitante di amido, con ricami antichi. Quel corpo morbido e flessuoso, la chioma fluente e sullo sfondo riesco ad intravedere la coda di un tram. Riconosco esattamente il luogo in cui è stata scattata. Chiedo se è via Ugo Bassi.
"Sì, vicino alla fontana!" dice lei. "Una volta c'erano i fotografi che passeggiavano lungo il centro storico di Bologna e quel giorno io mi feci scattare questa foto, volevo spedirla a Roma, ad Arrigo, il mio futuro marito!"
Una dedica con inchiostro blu campeggia in calce alla fotografia. "Così ti ricorderai di me anche da lontano". Un pensiero semplice ed innocente. Un invito. Un messaggio d'amore. E d'un tratto il suo volto si addolcisce.
Poi mi mostra lettere su carta ormai ingiallita e ha le lacrime agli occhi. Sta per dire qualcosa, ma sento che è meglio che questa storia rimanga taciuta, lascio che si affacci sulla soglia, ma sposto subito il discorso lontano, su Roma e sugli anni felici, sulle facciate dei vetri rigate di pioggia. Rivoglio sorprenderli, con i loro sorrisi in flagrante, mentre ripercorrono i ricordi.
Guardo i loro visi, un atlante di rughe. I capelli bianchi. Riesco a sentire forte quanto il futuro faccia loro paura.
Un futuro che si regge a stento sulle gambe. Che ha bisogno di stampelle e di ausili. Che ha bisogno di carezze. Per tenere lontano l'oblio. Per placare il dolore, perché il dolore rende vecchi e rende silenziosi se non c'è nessuno che ascolta. Perché il dolore è tempo sottratto. Al brusio della vita che scorre nelle vene, nell'alfabeto delle cellule.
Sento i loro pensieri non detti. La giovinezza che è stata strappata di dosso, barattata con un presente ammalato di malanni, segnato dagli urti del tempo. Abitano dentro i dolori delle ossa, Giacomo e la Tina. Dentro un atlante di rughe, dentro gli occhi arrossati e la guerra del tempo, tra l'allora e l'adesso. E hanno questo sorriso segreto, sotto alla polpa del cuore, anche se il loro corpo di oggi parla un'altra lingua. Anche se ogni ricordo ricordato è un corpo a corpo con la nostalgia.
Le storie di Giacomo e della Tina appartengono solo a loro, ma ogni volta che in punta di piedi entro nella camera 426 sento che appartengono un po' anche a me.
ARROSTO DI MANZO CON SALSA DI RUCOLA E NOCCIOLE
Ingredienti:
1 kg di arrosto di manzo
rosmarino
timo
aglio
sale e pepe
mezzo bicchiere di vino bianco
un mestolo di brodo vegetale
60 gr di rucola
50 gr di nocciole
35 gr di pecorino romano
olio extravergine d'oliva q.b.
1 spicchio d'aglio
Ingredienti:
1 kg di arrosto di manzo
rosmarino
timo
aglio
sale e pepe
mezzo bicchiere di vino bianco
un mestolo di brodo vegetale
60 gr di rucola
50 gr di nocciole
35 gr di pecorino romano
olio extravergine d'oliva q.b.
1 spicchio d'aglio
Luca ed io amiamo accompagnare la carne, specialmente gli arrosti, con delle salse fatte in casa. Avendo della rucola in frigorifero abbiamo pensato di utilizzarla come ingrediente principale e di abbinarla alle nocciole per stemperare il sapore forte della rucola. Ne è risultata una salsa molto equilibrata, perfetta per accompagnare il nostro arrosto. Il vino che abbiamo abbinato è un Ruché del 2007 della Cantina Dezzani.
Prima di tutto preriscaldiamo il forno a 190 gradi. Insaporiamo il taglio di arrosto con un trito di aglio, di rosmarino, di timo e con qualche macinata di pepe. Adagiamo l'arrosto su di una teglia e inforniamo. Lasciamo cuocere per circa venti minuti per lato poi irroriamo con il vino bianco. Quando sarà evaporato versiamo nella teglia un bel mestolo di brodo vegetale e continuiamo la cottura fino a completarla, rigirando di tanto in tanto il trancio d'arrosto. Togliamo dal forno e lasciamo raffreddare prima di tagliare l'arrosto a fette.
Nel frattempo prepariamo la salsa. In un mixer versiamo la rucola spezzettata, lo spicchio d'aglio fresco, il pecorino romano grattugiato, le nocciole tritate grossolanamente e per finire l'olio extravergine d'oliva. Frulliamo il tutto e la salsa è subito pronta.
A questo punto in una padella antiaderente andiamo a scaldare le fette di arrosto con un po' di fondo di cottura. Serviamo subito.
ROAST BEEF WITH ROCKET AND HAZEL NUT PESTO SAUCE
Ingredients:
1 k roast beef
fresh rosemary
fresh thyme
extravirgin olive oil
1/2 glass white wine
1 cup of vegetable broth
fresh ground pepper to taste
2 clove garlic
60 g rocket (using a sharp knife, finely chop the rocket leaves)
50 g hazel nut (chopped)
35 g Pecorino Romano cheese (grated)
extravirgin olive oil (as you need)
1 clove garlic (finely chopped)
Ingredients:
1 k roast beef
fresh rosemary
fresh thyme
extravirgin olive oil
1/2 glass white wine
1 cup of vegetable broth
fresh ground pepper to taste
2 clove garlic
60 g rocket (using a sharp knife, finely chop the rocket leaves)
50 g hazel nut (chopped)
35 g Pecorino Romano cheese (grated)
extravirgin olive oil (as you need)
1 clove garlic (finely chopped)
Combine the rosemary, thyme, garlic and pepper, then smear it all over the surface of the meat until covered. Place the roast beef in the oven at 190 C. Cook on both sides for about 30 minutes, then add the wine and later 1 cup of vegetable broth. Remove the roast beef from oven when the meat it's done and cut it into slices.
Meanwhile place rocket, hazel nuts, garlic and extravirgin olive oil in a blender and process all the ingredients. Serve immediately with the roast beef.
Mi sono commossa a leggere queste righe...davvero, sono di una tenerezza infinita
RispondiEliminaCiao ragazzi! molto bello questo racconto.
RispondiEliminaPer come le sapete raccontare voi le storie, sembra quasi di leggere un libro!
Ottima questa salsa così aromatica per insaporire l'arrosto: fresca e intensa!
un bacione
sabrina, di solito nei miei commenti riempio gli spazi di parole. Ma ci sono storie e momenti in cui le parole sono inutili.
RispondiEliminaIl tuo racconto è bellissimo. Mi sono emozionata e avrei voluto che non finisse più.
Avrei voluto essere li, al tuo lavoro, per darti il cambio e non lasciarli mai soli. La tenerezza, la malinconia, la tristezza della loro solitudine, della loro attesa di un futuro pieno di incognite, mi ha straziato l'anima.
Per favore accarezzali per me entrambi e di loro che dalla lontana Puglia c'è una persona che da oggi li penserà sempre.
Un saluto a te, donna straordinaria.
anna
Sabrina, che meraviglia questo tuo post! L'ho letto d'un fiato... denso di emzioni questo racconto e lascia trasparire il tuo gran cuore! Grazie di aver condiviso con i tuoi lettori questo pezzo di vita! E che dire ancorA di questa curiosissima salsa rucola e nocciole? Equilibrata dici, allora La devo assolutamente provare!
RispondiEliminaLe persone anziane sono la nostra forza,mi ricordo i miei nonni con i loro racconti che porto ancora nel cuore anche adesso che non ci sono più.Vi auguro una serena notte,saluti a presto
RispondiEliminaE adesso i ricordi di Giacomo e Tina appartengono un pochino anche a noi... mi sono commossa a leggere queste righe...
RispondiEliminaChe bella la storia di Giacomo e Tina, mi hai riportato indietro di qualche mese quando, ad agosto, ero ricoverato con un signore di 86 anni (che ne dimostrava almeno 20 di meno, tanto era arzillo fisicamente e mentalmente). E lo scoprire che avevamo ricordi di luoghi e persone comuni, malgrado la tanta differenza d'età, è ancora adesso un piacevole ricordo.
RispondiEliminaSolo tu potevi descrivere la storia di Giacomo e Tina con tanta sensibilità :-)
Non riesco a vedere le immagini (purtroppo non solo da voi), ma il tuo racconto mi ha tenuta incollata fino alla fine! La loro solitudine adesso non è riempita solo da te ma da tutti noi che li abbiamo conosciuti!
RispondiEliminaBaci a voi quattro!
che buono l'arrosto e la salsina di rucole e nocciole mi solletica il palato...ma la storia di tina e giacomo mi ha fatto commuovere, quanta tenerezza che mi fanno le persone anziane!
RispondiEliminasai, tutte le volte che scendo a livorno e vedo il mio babbo, stanco, affaticato, quasi non ce la fa a stare in piedi e con tristezza infinita mi chiede:" ma quando ritorni?" ecco, mi si chiude la gola, non riesco più a respirare e appena sono in macchina in autostrada le lacrime iniziano a scendere e quasi non riesco più a fermarmi, il denso mi guarda e mi stringe la mano,e ripenso a come era prima il mio babbo, di tutte le giornate passate insieme sul lavoro, i nostri viaggi, le nostre chiacchiere in macchina:"parlami senno mi addormento" mi diceva...e adesso lo vedo così, rassegnato...sapessi che dolore che sento dentro di me...
ciao Michele pianetatempolibero
RispondiEliminaOgni parola mi sembra fuori luogo dopo aver letto il tuo post...semplicemente ascolta ancora le loro storie anche per me!
RispondiEliminaUn abbraccio!
un bellissimo racconto,dove traspare la tua sensibilita"!gli anziani sono il nostro patrimonio genetico,purtroppo spesse volte vengono messi da parte come scarpe vecchie e lasciati a morire da soli!molto fresca questa salsetta da provare sicuramente!baci e buona giornata!
RispondiEliminache dire...solo che io ho 3 anziani, mamma, zio Carmelo e zio Pierino...e loro parlano sempre del loro passato appena io dico"è vero che allora c'era questo e quello..." e giù a raccontare a me come fossi una bimba che ancora deve imparare a vivere...che racconti da parte loro...bisogna saperli ascoltare i nostri vecchie ed immagazzinare + ricordi possibili x regalarli ai nostri figli o alunni...
RispondiEliminaun bacio a tina e giacomo quando li vedi
Sono rimasta affascinata...senza parole per la tenerezza dei due protagonisti...bellissimo il racconto,abilissima la scrittrice...una pagina di narrativa che sa dare emozioni profonde!!!Bravissimi!!!e ottima anche la salsa per il roast beef,anche questa comunione di sapori dona emozioni al piacere di gustare cibi non a caso
RispondiEliminaChe bella la storia di Giacomo e Tina.. immagino che nonnini carini che debbano essere.. magari per chi come me .. non e ha più! :-(.... E tu sei carinissima ad andarli a trovare quotidianamente e ad ascoltarli.. sentono il tuo affetto .. non si sentono completamente soli!!!passiamo all'arrosto!Ottimo!! anche Ric ci fa una salsetta di rucola .. ma non ci ha mai aggiunto le nociole.. ottima idea!!!! baci e buona giornata :-D
RispondiEliminaCara Sabrina...leggere i tup racconto mi ha commosso incredibilmente.Perchè enlla descizione dei tuoi pazineti speciali, ho rivisto i miei nonni.Li guardavo domenica..le loro righe, i loro occhi un po' stanchi e smarriti di fronte a novità come il "digitale"...Ho ricordato di quando ero bambina e loro pieni di forze ed energia, di quando mi coccolavano in tutti i modi quando tarscorrevo le vacanze da loro.Mi sento in colpa per non vederli spesso, perchè il tempo scivola via e nulla è eterno e scontato.Stai facendo una cosa grande Sabrina ad ascoltarli e dar loro attenzione, perchè questi nonni se la meritano tutta, davantio a questo mondo che corre, trita e macina, dimenticandosi di chi ci ha generato.Anche mia nonna aveva le calle nel giardino, ora non so se rioesce a curarle più.
RispondiEliminaTi abbraccio ed ammiro
Sara
PS:dai un abcio anche da parte mia ai due nonni..
Grazie Sabrina con delicatezza mista a pudore ci hai aperto le porte della loro vita....stupendo!
RispondiEliminaUn abbraccio Robi :O)
ecco è proprio così che ti "conosco" non so perchè. E ti voglio proprio bene. Grazie Caty2
RispondiEliminaCara Sabrina mi hai fatto commuovere... un abbraccio a te e a Giacomo e Tina...
RispondiEliminaciao val
Ciao, sono davvero delle parole toccanti, un post carico di emozioni!!!...per quanto riguarda la salsa inutile dire che è fantastica ed appetitosa...ciao a presto ;)
RispondiEliminaUna storia molto commovente, che suscita forti emozioni e raccontata con estrema sensibilità e dolcezza!
RispondiEliminaComplimenti per la gustosa salsa che accompagna l'arrosto. Baci
che bravi...e che dolci!!!...e poi Sabrina sei bellissima in ogni foto!!...hai un viso che mette allegrai e dolcezza...e poi questa ricetta...mmmm...abitando a mare la carne non è il mio forte...e nemmeno la mangio spesso..ma il roast beff è quello che adoro più...e poi lasalsa sembra davvero una prelibatezza...Sabrina...poi leggendo di qua e di la nel blog...ho capito che ti piace leggere Andrea Vitali...io sto leggendo " un amore di zitella"ed è bellissimo...tu cosa mi consiglieresti dopo questo, sempre di Vitali???...se puoi rispondi con un commento sul mio blog...non giro molto su internet non sono brava ;O) grazie in anticipo!!...
RispondiEliminaun arrosto davvero molto invitante!!! il finale perfetto per una storia.. perfetta!!!
RispondiEliminatesoro sei veramente speciale e questo tuo post è davvero commovente...la memoria storia delle persone anziane è un bene prezioso e il tuo stargli vicini ti fa davvero onore sei unica e adesso giacomo e tina sono anche parte di noi!!!
RispondiEliminaper il piatto be che posso aggiungere se nn strepitoso e gustoso!!!bacioni grandi imma
Quella salsa di rucola mi interessa e mi invita... :)
RispondiEliminami hai davvero commosso, la tua dolcezza traspare dal tuo volto.
RispondiEliminaIl tuo racconto mi ha messo brividi di nostalgia. Penso alle mie nonne (che per fortuna ci sono ancora) e ai nonni andati via. Tutti gli anziani continuano a vivere ricordando il passato. I loro racconti si ripetono uguali, accompagnati dallo stesso entusiasmo, gli stessi occhi lucidi, gli stessi sospiri. Quello che tu fai è segno di grande sensibilità. Ma se solo pensiamo a quanti figli abbandonano i genitori, si capisce che non tutti ce l'hanno.
RispondiEliminaDora
Bello questo racconto e bello sapere che ci sono persone come te che ai pazienti e al loro lavoro ci tengono veramente!
RispondiEliminaDalla stanza 426 è uscito un pezzo di vita straordinario che tu, come sempre, hai saputo raccontare in modo superbo. Ogni tanto ci fa bene vedere un po' di quella malinconia per apprezzare ancor di piu' la nostra esistenza. Grazie per questo bellissimo post. Salutaci i "ragazzi" della 426...
RispondiEliminaChe dolci che siete!! Davvero commovente!!
RispondiEliminaE questo piatto avrà un gusto speciale!!
Franci
Che bravi che siete ragazzi: sia per il racconto che per la ricetta! Ottimo questo insolito abbinamento rucola-nocciole! Da provare. Un abbraccio!
RispondiEliminache commozione... grazie... grazie davvero per aver condiviso questa storia con noi, Giacomo e la Tina ora fanno parte anche un pò di me... mi piace stare con gli anziani, hanno qualcosa di magico, mi piace come raccontano il loro passato, il loro dolore e le loro gioie.. mi piace come si gustano il resto della vita, se stanno bene come accettano quello che gli rimane.... sono saggi.. e nei loro occhi c'è sempre un filo di tristezza....
RispondiEliminagrazie anche per questa ricetta, questa salsa deve essere particolare con la rucola e la nocciola, me la segno per il prossimo arrosto che proporrò alla ciurma, grazie ancora e buona serata!
Sabrina hai raccontato questa storia con una dolcezza infinitae ti ammiro sempre di piu per la tua sensibilita'..mi piace molto questa salsa alla rucola con cui avete accompagnato le fette di arrosto...baci Tittina
RispondiEliminaps ho risposto all'imail
gli anziani mi fanno sempre una tenerezza infintita, più dei bambini perchè li vedo proprio indifesi..brava sabrina per la tu asensibilità e dolcezza, doti rare nel mondo arrogante di oggi..
RispondiEliminaciaoooo, e io che vi facevo a parma
RispondiEliminahahahah
buon week
;)
Non ho parole per questo vostro post,ma tanta commozione.
RispondiEliminaUn bacione,Edith
Stupendo il racconto e fantastica la ricetta.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Bellissimo questo post ...non so che altro dire se non che mi sono commossa; ho una nonna ancora in vita e spesso anche lei fa questo viaggio all'indietro, nel tempo, raccontando la storia della sua vita, dei suoi ricordi...è un periodo questo che non riesco a vederla e questo mi fa stare male perché io la adoro: mi manca il ridere insieme o semplicemente ascoltarla o guardarla nei suoi ormai lenti movimenti. Credo sia ora che io trovi un po' di tempo per lei, di nuovo, nonostante tutto il casino che ho intorno. Grazie, ci voleva questo post :).
RispondiElimina...e complimenti anche per la ricetta davvero strepitosa. Vi auguro un bellissimo weekend. Ciao. Lisa
Sabrina mi hai fatto piangere...il tuo amore per questi fratelli mi fa credere nella bontà, nell'altruismo, nella solidarietà.
RispondiEliminaDio vi benedica...ed io vi bacio.
ma quanto sono belli i vostri racconti????? mi sono incantata a leggerli ... ottimo anche il roast beef anche se non amo particolarmente la carne qualche fetta del vostro me la prenderei volentieri!!!
RispondiEliminaSono proprio fortunati trovare te che li ascolti!
RispondiEliminaMi piace un sacco la salsa ...lo devo provare!
ciao ..buon weekend!
leggere le vostre pagine e scoprire un racconto nel racconto , una vita nella vita ; cara Sabrina il tuo profondo rispetto per le persone fà di te una persona speciale come se ne trovano poche di questi tempi !!!un abbraccio a voi e alle vostre serate .
RispondiEliminaHo letto il tuo post e ho dato una scorsa ai commenti...che dire?
RispondiEliminaE' vero, la storia di Giacolmo e Tina è avvolgente, dolce-amara, piena di rimpianto e nostalgia, ma più di tutto mi ha colpito la tua passione, ti ringrazio per quello che fai. Il tuo è un lavoro difficile, mal pagato e poco riconosciuto, ma se esistono persone come te forse è più facile pensare al futuro....
Cari Sabrina e Luca, questo racconto è davvero semplice e toccante come solo certi racconti sanno essere. Quando posso mi piace ascoltare le storie delle persone anziane, sembra quasi vivessero in un mondo che ora, sotto vari aspetti, non c'è più.
RispondiEliminaEntro qui da voi per la prima volta anche se, leggendo su vari blog come da Lou e da Jul&Mo, ho pensato spesso di venire a visitarvi ma poi, pensando di disturbare, non l'ho mai fatto. Grazie per aver compiuto il primo passo, lo prendo come un gentile invito :-)
Purtroppo, cara Sabrina, capisco perfettamente i tuoi sentimenti. Al contrario tuo però i miei genitori, mia madre in particolare, sono una presenza costante fatta quasi esclusivamente di critiche, rimproveri, litigi spesso furiosi e continue delusioni. 'La loro rovina' sono, come spesso tendono a sottolineare. Anche nel recente momento di dolore han saputo difendere solo chi mi aveva fatto del male! Ma ad un certo punto, nonostante delusione e dolore, si impara ad andare avanti anche se dentro qualcosa sarà per sempre rotto e 'inaggiustabile'.
Ma la vita è anche questo, purtroppo :-)
Se è vero che alla fine tutti avremo un conto da pagare, il mio sicuro sarà 'interessante' ma di più lo sarà vedere quello di certe persone. Magari quella sarà l'ultima risata, preparerò dunque in tempo i pop-corn ;-)
Buon week-end and entrambi e squisito questo roast beef! Da leccarsi i baffi!
Sabrine dolcissimo il tuo racconto!! Le persone di quell'età hanno dentro un'amore particolare che sanno aprirci il cuore. A volte penso che quando quella generazione passerà non ci sarà più l'amore che hanno saputo dare, non ci saranno più gli stessi sapori e storie...
RispondiEliminaIl tuo ascoltare é splendido..
Anch'io cerco di ascoltare, e cerco di carpire loro le storie splendide del loro passato.
A volte mi parlano di guerra, a volte di come erano felici con poco..
Li trovo sempre così indifesi..
Un bacio ad entrambi e buon w.end
Sabrina...grazie mille per il consiglio sui libri!!...leggerò questi che mi hai detto!!...per il ritardo...non ti preoccupare...non so che momento stai passando...ma spero nulla di grave!! un bacio!!!
RispondiEliminabella questa storia e tu, Sabrina trovi sempre le parole giuste.....crei sempre quelle atmosfere particolari per raccontarle ed arrivare al cuore ...buona anche la ricetta ma la stoia è stata speciale.........
RispondiEliminaHi Sabrina & Luca,
RispondiEliminaCongratulations to heard that you expecting a baby now. Take a good rest and healthy foods! God Bless You & the baby!
hugs from Jenny ;~)
a si???? ma congratulazioni e baciii.
RispondiEliminaRiguardo "le vibra" non vorrei essere in loro...il pubblico diciamo non sembra dei più sereni...haahh in età e rocker's di una volta....poi qualche birra..e il danno è fatto...scelta decisamente fuori luogo..
Insomma sabry ti aspetta un periodo di relax tipo fammi qui fammi la passami li passami la portami qui portami la hahahah haha
bene bene mi darai novelle
baci
Gli anziani raccontano i loro ricordi con dovizia di particolari e semplicità nelle parole che ti fanno incantare... io ascolto spesso i racconti di mia madre novantenne che ha una memoria antica ancora molto lucida mentre quella del presente ormai è del tutto assente... lei mi racconta sempre di quando ha conosciuto mio padre e dei loro primi anni di vita insieme...
RispondiEliminaCongratulazioni per la bella notizia che mi hai dato... sono felicissima per te e per Luca...
Un abbraccio ad entrambi!!!!!
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