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domenica 12 settembre 2010

FINALMENTE LA SARDEGNA - RISO THAI CON TROTA SALMONATA, OLIVE NERE E FINOCCHIO SELVATICO

Finalmente sono arrivati i giorni delle vacanze. L'ansia e la stanchezza si sono fuse negli ultimi giorni prima di partire. Era il 31 di Agosto e le valige hanno riempito il baule non solo di vestiti ma anche di aspettative. La Sardegna era già una mia conoscenza, le sue acque trasparenti scorrevano nella mia memoria ma Sabrina era piena di scetticismo, dopo la Sicilia di cui si è perdutamente innamorata la scorsa estate, pensava che nessun altro luogo potesse farle provare emozioni così forti e questo pensiero se lo è portato dietro per tutto il tragitto, per tutto il verde delle colline toscane, per il lungo mare dell'Argentario e per le coste laziali fino a Civitavecchia. "Ma mi piacerà la Sardegna?" era il refrain che mi ripeteva spesso, fino a farmi quasi arrabbiare, fino a farmi maledire la mia scelta. Sì, è stata una mia scelta, anche dettata da motivi economici dato che il luogo dove fare il nostro punto d'appoggio costava veramente poco. Ho "odiato" me stesso, l'isola, la destinazione, il tratto di mare, la nave su cui eravamo. Sensazione di soffocamento per una responsabilità che mi sono preso anche sapendo che l'isola su cui eravamo diretti non mi avrebbe tradito, certo di una scelta meditata anche, con piacere, dalla necessità di coniugare spesa e località speciali, ricche di fascino e pregne di quel selvaggio che ti riempie occhi e anima. Speravo fortemente che, una volta a destinazione, gli occhi di Sabrina si accendessero di entusiasmo.
Civitavecchia ed il suo porto sono la prima tappa.
Il traghetto è già lì, con la bocca spalancata pronto ad accoglierci nel suo grande ventre.Sabrina, nonostante sia una donna di mare sente già la nausea ancor prima di salirvi. Ce ne stiamo parcheggiati tra due enormi palazzi galleggianti da almeno un paio d’ore. Conosciamo ormai ogni finestrino, ogni oblò, ogni boccaporto ed ogni metro dell’asfalto del parcheggio.
Le ombre sul molo si allungano ed è il momento in cui Sabrina indosserà i due nuovi "gioielli" che poi accuratamente celerà sotto gli altri monili che porta al polso. Braccialetti antinausea.
Iniziano ad accendersi i fari del molo e l'enorme albergo sull'acqua è pronto ad accoglierci. Saliamo le rumorose rampe fino al ponte 6 lato sinistro o almeno è quello che c'è scritto sul bigliettino che ci rilascia lo steward che ci accoglie appena scesi dall'auto. Sabrina si avvolge a me alla ricerca di quella sicurezza che so di darle o quanto meno spero di farle sentire fin nel profondo del suo cuore. Saliamo le scale fino a quella che sembra la reception di un albergo di....diciamo di lusso. Ci assegnano la stanza, ponte 9 stanza 146. La cabina non è certo di lusso, quattro brande di cui due chiuse, ma ci sono il bagno e doccia.
La nave è ancora all'ancora ed allora approfittiamo per farne un completo tour. Il bar con tanto di pista da ballo dove un intrattenitore sembra improvvisare uno spettacolo, il casinò (quattro slotmachine e nient'altro), la sala tv, il winebar, il selfservice, il ristorante alla carta e i ponti esterni da cui vedere Civitavecchia illuminata ed il colore nero notte del mare aperto.Il fumo delle ciminiere aumenta di intensità. Un piccolo rimorchiatore si avvicina ed iniziano le manovre per la partenza. Sabrina si meraviglia di come possa una così piccola imbarcazione riuscire a muovere una nave così grande. La sua dolce ingenuità mi addolcisce così come quando mi chiede come sia possibile che una cosa così grande galleggi. Sabrina ama il mare, ma non ama viaggiare sul mare, lei preferisce il cielo forse perchè una nave in qualche modo la limita, mentre, anche se è angusto lo spazio dei seggiolini di un aereo, dai suoi oblò il cielo è infinito e libero da vincoli terreni. Secondo me si sente leggera, aerea, priva di corpo, come un angelo. Angel così come la chiamava dolcemente il suo David e come piacerebbe tantissimo chiamarla anche a me se non fosse che sono così gelosamente stupido.
Le prime onde le risvegliano la nausea così torniamo in cabina. Ci stendiamo sui lettini, ma le brande sono lontane e non riesco ad abbracciarla, provo allora ad allungarle la mia mano, cercando di trasmetterle un po' della mia serenità, scoprendo poi al mattino di non esserci riuscito. Sabrina non ha quasi chiuso occhio per via del dondolio continuo della nave e della nausea che non le ha dato tregua. Per questo la mia mattina non è una bella mattina ma lei ancora non lo sa.
Finalmente in strada, finalmente l'alba, finalmente Sardegna.
Olbia per questo oggi è solo porto e asfalto. In fila come tante formichine con gli occhi illuminati, la coda di auto inizia la sua salita verso il nord.
La luce dell'alba inizia a segnare il cielo e a dare colore ai contorni delle cose. Alla prima deviazione con un nome che conosco, svolto. Voglio una foto dell'alba sul mare. In tutta la mia vita non sono mai riuscito a scattarne una.
La Costa Smeralda è la cosa più lontana che c'è dal mio piacere di mare. Zona troppo sopravvalutata, luoghi presi d'assalto più che per il mare dai riflessi smeraldi è l'oasi di caccia del VIP (very inutil person). Posti dove l'architettura ha violentato la natura, case, palazzi e alberghi che spezzano la continuità della costa con i simboli del falso e del business per rotocalchi di gossip. Sabrina è come me, ma dà troppa enfasi al suo dispiacere nel vedere i luoghi tanto amati dal suo fratello "piccolo", deturpati da così tanta barbarie estetica. Tutte case simili, tutte così false e stereotipate. "Dov'è la poesia?" mi chiede? Non le piace Porto Cervo, non le piace questo luogo. La natura violentata dalla mano dell'uomo, nell'insieme le sembra un plastico, così dice, non le sembra un luogo reale, ma solo un orribile plastico. Non scatta nemmeno una foto, del mare sembra non accorgersi nemmeno e questo la dice lunga.
Usciamo da quei labirinti ancora una volta discutendo circa le nostre sensazioni. Non riesco a mettere il tappo alla sua delusione per quei luoghi, non riesco a farla uscire da quella sua convinzione che se quelli sono i luoghi belli della Sardegna, il biglietto da visita dell'Isola, chissà come sono gli altri.
OK! Mi ripeto. Lo so che la Sardegna non è quei luoghi, sono certo che se riuscirò a farle vedere il suo vero lato selvaggio, le sue acque verdi, i suoi piccoli golfi nascosti....... so che il pane di Sabrina è l'intensità delle cose, so che ha bisogno di spogliarle, di penetrarle, so che si infiammerà, piano piano magari.
Superiamo Arzachena dove spero di farle vedere "Il Fungo" ma a quanto pare non è giornata, non lo riesco a trovare, così mangiando l'asfalto arriviamo a Palau dove ci fermiamo per un caffé e per una passeggiata mano nella mano, poi via per la costa nord.
Pian piano si compie l'incantesimo che tanto aspettavo, gli occhi di Sabrina si illuminano e si riempiono delle sfumature della terra che stiamo attraversando, rivedo in lei quei bagliori che sanno fare il giorno intorno anche a mezzanotte.
Un grido di Sabrina mi fa quasi inchiodare l'auto all'asfalto. Un lunghissimo rettilineo fra un bosco di pini marittimi ha un pertugio, una strada di polvere. "Luca, il mare!".
Lo ha detto in un modo così intenso e piacevolmente entusiastico come se lo vedesse per la prima volta. Inverto la marcia e mi infilo su quella strada di polvere fino a raggiungerne la costa.Il nome della spiaggia lo abbiamo lasciato scritto chissà dove, forse su quella insenatura, tra la ghiaia fine di quella spiaggia. Ancora vestiti e con i costumi da mare ben chiusi dentro le valige andiamo comunque a mettere le "zampette" a bagno. Sabrina ha ritrovato il piacere, ha finalmente preso coscienza di cos'è la Sardegna.
Oltrepassiamo la Costa Paradiso per far sosta a Isola Rossa, ma dov'è finita Sabrina? Finalmente la vedo, si è seduta su uno scoglio, il sole le piove addosso, la raggiungo e restiamo un po' appollaiati sulla nuda roccia, vicini vicini. Davanti a noi l'orizzonte e ancora tanti chilometri di strada per arrivare nella nostra casetta. Fa così caldo che ci vuole una birra fresca per me e un cappuccino per Sabrina, poi un toast, poi due passi per il paese, un salto in pescheria, così per curiosare. "Andiamo a vedere i pesci!" dice Sabrina e in un balzo è già dentro il negozietto. "Guarda quei gamberoni come sono grossi!" mi dice con quell'entusiasmo che ben conosco. Mezzora dopo, mentre siamo in viaggio, Sabrina pensa ancora ai gamberoni.Stintino è l'ultima tappa del tardo pomeriggio. Paese deserto con tutto chiuso.
La Pelosa non la vedremo oggi. Aspetteremo, disegnandocela nella mente.

LA SARDEGNA E LA VACANZA CONTINUANO.






RISO THAI CON TROTA SALMONATA, OLIVE NERE E FINOCCHIO SELVATICO


Ingredienti:

230 gr di filetto di trota salmonata (che taglieremo a cubetti)
5 pomodorini Piccadilly
una manciata di olive nere
150 gr di funghi pioppini
100 gr di formaggio Montasio
aglio
santoreggia
finocchio selvatico
un bicchierino di Brandy
sale e pepe
olio extravergine d'oliva
50 gr di riso Thai integrale
80 gr di riso Thai rosso
70 gr di riso Thai bianco
50 gr di grano saraceno


In una padella capiente facciamo rosolare in un filo d'olio extravergine d'oliva, uno spicchio d'aglio, al quale andremo ad aggiungere la trota salmonata. Facciamo saltare per qualche minuto fino a doratura, poi aggiungiamo i pomodorini tagliati in quattro parti, i funghi e le olive. A fiamma media lasciamo che il tutto si rosoli per bene, a questo punto regoliamo di sale e di pepe, aggiungiamo la santoreggia e il finocchio selvatico e per finire versiamo il Brandy. Lo lasciamo sfumare e togliamo la padella dal fuoco.
In una pentola nel frattempo abbiamo messo a bollire l'acqua, una volta salata ci versiamo il riso ed il grano e facciamo cuocere. Scoliamo e lasciamo intiepidire. Sistemiamo il riso in una ciotola e uniamo il condimento, completando con i cubetti di formaggio Montasio.
Noi l'abbiamo mangiato tiepido, ma troviamo che sia ottimo anche freddo. E' un piatto delicato che abbiamo trovato buonissimo, soprattutto grazie all'aggiunta del finocchio selvatico che gli conferisce quella fragranza davvero speciale.


THAI RICE WITH SALMON TROUT, OLIVES AND FENNEL

Ingredients:

230 g salmon trout fillet ( cut into small cubes)
5 cherry-tomatoes (cut in half)
1 cup black olives
150 g honey mushrooms
100 g Montasio cheese (or Cheddar cheese) (cut into small cubes)
extravirgin olive oil
1 clove garlic
salt and pepper to taste
fennel
Brandy
70 g Thai rice
50 g Thai integral rice
80 g Thai red rice
50 g whole grain buckwheat (but any whole grain will do)


Heat extravirgin olive oil in a frying pan, add the garlic and when it begins to crackle add the trout and sautee gently on medium heat until a light gold colour. Add the olives, cherry tomatoes and the mushrooms and cook for a few minutes. Then complete with fennel and salt and pepper to taste. Pour in the Brandy, sautee gently, and when it has evaporated you can remove from heat. Taste and add a pinch of pepper and salt if necessary.
Bring a pot of salted water to the boil, cook the grains, drain and let them cool. Place in a bowl, add the sauce, complete with the cheese and mix well. Serve immediately.
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