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lunedì 19 luglio 2010

IL MARE DI NOTTE - DENTRO I MIEI DOVE - SORBETTO DI ALBICOCCHE AL PROFUMO DI LAVANDA - LAVENDER SCENTED APRICOT SORBET



Avevamo deciso, anche se non troppo convinti a dire il vero. Dovevamo andare a Rolo, un paese tra Reggio Emilia e non so bene cosa, in mezzo alla pianura padana. L'afa annebbia i pensieri e stropiccia le lenzuola, in verità ci bastava uscire di casa.

"Ti porto al mare" mi dice invece Luca mentre attraversiamo il confine della città, mentre l'asfalto, la macchina e i cartelli stradali vanno veloci.
Per un attimo protesto, no, ma come, ma senza credere troppo agli abbozzi di alibi che mi scarabocchiano la mente. Non ho le ciabattine, non ho il bikini, non ho nemmeno un elastico per legarmi i capelli, io non ci ero per nulla preparata a questo incontro, ma Luca inaspettatamente ha detto che mi porta al MARE. Lo penso e lo scrivo cubitale.
Mi arrendo e gli dico, allora portami là, dentro tutti i miei dove, dentro la scia delle città che mi porto dietro, a disarcionare quei bisogni che in segreto mi pressano. In segreto. Luca non ama il mare. Il mare lo innervosisce. Luca ha bisogno di due, tre giorni almeno per entrare in sintonia col mare. Io invece ce l'ho nel sangue e so che è l'unica cosa che posso chiamare radici. Il mare, tutti i mari del mondo.
Luglio ribolle rovente, è un tino in fermento che infierisce sulla pelle con tutta la calura di cui è capace e mi rende solo voglia di abbandono, di cose semplici e leggere, che sappiano di domenica.
Si passa l'intera settimana come chiusi dentro scatole con l'aria condizionata al minimo e la domenica si sfidano le code, interminabili come cortei di formiche, pur di fuggire dal solito paesaggio.
Arriviamo a Riccione il giorno dopo la famosa Notte Rosa e la troviamo esanime, senz'anima, un'immagine di plastica da cui voglio solo allontanarmi, non sono questi i luoghi che amo. In passato Riccione l'ho sopportata, ma non mi assomiglia nemmeno un po', invece conservo ricordi speciali legati a spiaggette lontane dal consumo di massa, dove il mare si perde davvero oltre la linea dell'orizzonte e sembra non avere mai fine.
Ci bastano due passi in spiaggia, tra i rifiuti lasciati lì da incivili, la cui coscienza doveva essere ridotta a meno di un puntino, per decidere di risalire in macchina. Nemmeno Viale Ceccarini e dintorni, con la bella vita che è mera facciata riescono a confortarci. Detesto quella sfilata di vetrine, quei bar alla moda che ti riempiono la bocca solo col nome sull'insegna, ma che non hanno da offrire nulla di più. Ancora una volta solo apparenza e dietro, il vuoto. Decidiamo di passare il pomeriggio a San Mauro Mare, Luca ed io, con la mia borsa, la macchina fotografica, gli occhiali da sole e il resto del tempo.
Ci muoviamo senza fretta tra ambulanti con magliette, chincaglierie varie, libri, ci sono bancarelle ovunque e riesco anche a trovare delle pietre bellissime da portare a casa. Sono così felice dell'acquisto che dimentico persino il sacchetto sul bancone e solo diversi minuti dopo, quando ripassiamo davanti a quello stand, vediamo la signora sbracciarsi e fermarmi per dirmi che avevo dimenticato le pietre. Meno male che mi ha riconosciuta, ho detto a Luca. Lui sorride, scuote la testa e si domanda dove abbia io la mia. Troppo dentro l'amore, forse.
Ogni occasione è giusta per fare festa in questi paesini, oggi si sono inventati la fiera della conchiglia, oggetti kitch sono un po' esposti ed appesi ovunque e solo a guardarli ci prende la malinconia, "Ma tu dove la metteresti una cornice del genere? E quell'abat-jour? " chiedo a Luca e lui abbozzando una smorfia mi risponde "Meglio che non te lo dica!" che in pratica è come se me l'avesse detto.
Lasciamo agli altri le conchiglie, noi siamo attratti da tutto il resto. Vaghiamo alla ricerca di un bar che ci possa piacere, di un tavolo bianco con due campari, due olive, bocconcini di pizza e quel senso di pace che ci si posa sulle gambe. Mi escono dalla bocca le parole che sento di avere finora tenuto dentro, le diluisco nel rosso del cocktail e in un attimo mi accorgo di essere spensierata. E così ordiniamo anche due gelati. La domanda è cono o coppetta? Io preferisco il cono per la soddisfazione che dà, il cono lo mangi in mille modi, lo mordi, lo lecchi, ti ci immergi senza remore. La coppetta è noiosa, con la coppetta ti devi contenere. Luca ride e si avventa sul suo cono. Grazie per questa giornata gli dico, per avermi regalato il mare oggi. Mi accarezza i capelli, lui che spreme le cose che amo pur di vedere la luce nei miei occhi.
Decidiamo di rimanere qui fino a notte fonda, di cenare in un posticino carino, di andare a passeggio sulla spiaggia. Non glielo dico subito, ma è tanto il desiderio che ho di immergere la mia pelle nel mare, che non importa se non ho il costume.
Aspetterò il tramonto, tanto arriva. Il tramonto arriva per dovere.
E per lo stesso motivo si fa sentire anche la fame, così andiamo alla ricerca del ristorante che fa per noi e lo troviamo subito. Parla in napoletano e sa d'accogliente. Ceniamo su di un terrazzo di fronte al mare. E' tutto così familiare che mi arrendo, con gli occhi nudi a guardare, improvvisamente, irrazionalmente. E provo a descrivere a Luca il mare, questa tenerezza, il calore del sangue, questo spicchio d'acqua salata da anonimo a nostro per una sera, a inondare i pensieri. Le parole mi escono come farfalle, faccio cannocchiali con le dita a cerchio per spingere la vista più lontano che posso. Luca vicino e il mare lontano, parole pulsanti, enormi, forti, i miei dove. E intanto ci sfilano davanti le portate, gli antipasti di pesce, che sono la nostra passione, degli scialatielli con gamberi, cocco e basilico e per finire una fetta di cocomero, freschissima e dissetante, a contrastare questo caldo torrido, che non ne posso più. Propongo di continuare a passeggiare lungo i pensieri, ma giù in spiaggia. Gli occhi di Luca si avvicinano e mi seguono, aspettavano solo questo.

Non vedo l'ora di togliermi i sandali, gli dico, di affondare i piedi nella sabbia, nudi, liberi, tra stelle marine, che se non ci sono le posso immaginare, conchiglie bucherellate, imbarcazioni a filo dell'acqua e frammenti di altre vite.
Qui l'aria è più fresca e gli odori afrodisiaci, guardo il mare ancora da lontano, con la promessa del contatto totale. Fa che venga presto buio, sussurro al tramonto che ci sovrasta, un tramonto sospeso tra l'azzurro e l'amaranto, sicuramente dipinto da mano esperta. Poche persone intorno a noi, eppure ciò che abbiamo davanti assomiglia ad un'istantanea disabitata. Certi spettacoli sono come preghiere.
Spremo le cose che amo. Mi avvicino a Luca. Le labbra si aprono come i bottoni di una camicia. "Voglio bagnarmi le gambe, con la gonna e tutto, non importa, poi quando è buio ci immergeremo per davvero dentro al mare" gli dico piano.
E mentre mi allontano so che mi sta seguendo con gli occhi e che dirà che lo sapeva che non avrei resistito.
Si scioglie in fili l'acqua, prima di intrecciarsi intorno a me, è tiepida e si fa via via sempre più calda. Mi giro e vedo Luca con la macchina fotografica in mano. Mi giro e torno a riva. Scegliamo un posto tutto nostro e ci facciamo spazio dentro ad un abbraccio che si fa tenda, in attesa che scenda la nostra notte, che sia buia e che sia liquida.


Con questa ricetta partecipiamo al contest di Malù "Fresche dolcezze d'estate" che scade il 31 luglio 2010!


SORBETTO DI ALBICOCCHE AL PROFUMO DI LAVANDA

Ingredienti:

270 gr di polpa di albicocche mature
150 gr di acqua
200 gr di zucchero
1 cucchiaio di fiori di lavanda
100 gr di panna da cucina


Avevamo delle albicocche buonissime e molto mature, comprate da un contadino lungo la strada di ritorno da Modena, avevamo dei fiori di lavanda comprati ad un mercatino sulle colline e la tentazione di farci un sorbetto è stata troppo forte da opporvi resistenza. Non avevamo la panna per dolci, ma abbiamo pensato che anche la normalissima panna da cucina potesse andare bene e dovendolo rifare lo rifaremmo allo stesso modo, con la panna da cucina. Il sorbetto è venuto squisito.
Abbiamo scaldato l'acqua a 90 gradi e vi abbiamo unito un cucchiaio di fiori di lavanda. Lasciamo sul fornello per circa 3 minuti. Fare raffreddare. Filtrare. Riscaldare fino a 60 gradi e sciogliervi lo zucchero dentro. Lasciare nuovamente raffreddare. Aggiungere la polpa di albicocche e la panna, poi frullare col mixer. Mettere il composto in frigorifero per un'ora. A questo punto non resta che versare il composto nella gelatiera per 55 minuti.


LAVENDER SCENTED APRICOT SORBET
Ingredients:

270 g apricot pulp
150 g water
200 g sugar
1 tbs lavender flowers
100 g heavy cream


In a medium saucepan bring water to 90 C, add lavender flowers over high heat. Reduce heat to medium and simmer for about 3 minutes. Remove from heat and let cool slightly. Strain water. Bring water to 60C, add sugar. Let cool again. Add the apricots and the cream and spoon into a blender. Puree until smooth. Cool in the fridge for 1 hour, then freeze in an ice-cream maker for 55 minutes.





PREMIO DARDOS
Dono della dolcissima Maestra Laura e da Marjlou alle quali esprimiamo tutta la nostra stima e inviamo un abbraccio grandissimo!
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