Lastre di stagno, opache come specchi stanchi. I pensieri non si riflettono e vanno per gli stretti vicoli della mente a schiacciarsi in un angolo pieno di polvere. Le valige cariche dei sogni del giorno, sanno di stanchezza. La primavera che riaccende i colori dei campi ancora stracolmi d'acqua sembra sia finalmente arrivata. Il nostro mondo sta iniziando ad asciugarsi. Lenzuola fresche di giallo sono macchiate dal rosso dei papaveri. La terra ha ripreso a vivere e gli acquitrini si stanno asciugando.
Quanta pioggia per lavar via la tristezza di quest'inverno che sembra proprio non voler andarsene in vacanza.
Aprile è stato un mese strano. L'inizio di una stagione che non ne vuol sapere d'iniziare e la fine di un'altra che non ne vuol sapere di finire.
Ogni mattina si lotta con l'apatia, con quella insana voglia di tirarsi le coperte sul viso, di cambiare il fianco e di sprofondare ancora nel mondo dei sogni.
Ogni sera il desiderio è quello che il giorno perda la strada, che il marcatempo della vita sia spento. Invece è tutto lì, immobile nella sua corsa frenetica, come la lancetta dei secondi che gira e si rigira su se stessa. Lavora e produce sempre quel poco per ridar vita ai più lenti movimenti delle altre linee mobili sul suo quadrante statico.
Aprile è stato il mese in cui il tempo, e non solo quello meteorologico,ci è scivolato tra le dita, tra le sottili trame della vita.
E' andato tutto per una strada in falsa salita. Nulla, o quasi, si è incastrato come doveva e Maggio sembra proprio che non voglia essere da meno.
Frasi fatte solo di parole, "sopra le nubi splende sempre il sole", "dopo la salita c'è sempre una discesa", "si chiude una porta e se ne apre un'altra", sono il frutto dello sconforto che a volte ci prende. Più spesso sembra che le nubi vadano a sbattere contro una porta chiusa continuando a salire verso l'infinito. Cazzo! Sì, cazzo ma prima o poi ci verrà ridato tutto quello che diamo, che regaliamo alla vita.
Non siamo persone che pretendono, che rinfacciano, ma, a volte, ti viene proprio rabbia. Guardi le pagine strappate dal calendario e sopra ci leggi i giorni che sono sublimati in fare e dare, in giorni dove anche il solo accendere il computer ci dava cattive notizie. Non c'è rete. Guardi il modem e c'è solo una spia accesa. Chiama Fastweb. Beh, in un mese quasi venti giorni senza rete. Sette o otto, non ricordo più, le telefonate, sempre a ripetere che non c'era linea, che, invece, ora la linea c'è ma fino a pochi minuti prima non c'era più. Altre telefonate. Altro ripetersi delle nostre lamentele. Esci di casa e la linea c'è, ritorni la sera e la linea c'è. Mangi, sorridi, ascolti, accendi il PC e la rete non c'è più. Richiami, ripeti. Cerchi di essere gentile con quel povero operatore mal pagato del call center. Lui ce la mette tutta, così come i tecnici della Telecom che vengono a controllare e che ti ripetono che per loro è tutto perfetto. Io di fianco a loro verifico le loro misure e, sì va tutto bene. Ci cambiano il modem ma le telefonate e le frasi che ripeto nel microfono e che l'operatore di Fastweb ascolta, sono sempre le stesse. Aprile è finito ma la rete fa le stesse cose e gioca non la nostra pazienza.
Dal cellulare leggiamo i commenti ma ci manca l'andare a trovare e lo sbirciare nelle cucine altrui. Ci mancano i pensieri ed i sorrisi che troviamo sparsi nel web.
Aprile è finito. Nuovo mese e nuove idee. Riesco a rovinarmi le giornate di festa sfogando la rabbia su di un tavolo con un pugno che mi dovrebbe far sentire in paradiso, le stelle le vedo ma poi prima il polso, poi tutta la mano si gonfia, raddoppia.
La mia "infermiera" personale mi coccola, mi cura, mi fascia. Sono un uomo fortunato, almeno per quanto riguarda il cuore.
Guardo la mia mano e penso alla violenza con cui ho tirato quel pugno. Se dall'altra parte ci fosse stato il viso della persona che mi ha provocato quella reazione ora starei scrivendo come Silvio Pellico mentre lui sarebbe lì a chiedersi se la sua famiglia lo riconoscerà. Sono così. Incamero, mando giù, deglutisco di tutto. Ho reazioni istintive, animali ma riesco sempre a sfogarle solo su me stesso.
Maggio fatto di fiori liquidi nel suo inizio. Colori che sembrano si siano accesi solo oggi. Le nubi non ci lasciano in pace ma almeno non scaricano il loro cuore d'acqua. Lentamente si illuminano e si schiariscono. Il brutto tempo sembra lontano.
Si fa pace con se stessi mentre la mano torna ad assomigliarsi ogni giorno di più.
Sono in cerca di qualche traccia di colore, del bacio del sole che rischiari i lunghi crepuscoli lividi e le albe sbiadite, annacquate, svogliate. L'aria è umida e quel sapore terroso in bocca non se ne va mai. Ogni giorno si annega dentro giornate più grigie del grigio.
La pioggia è un glaucoma che offusca il mondo, l'acqua sgocciola e mormora. Mulinelli sopra l'asfalto, sopra gli ombrelli, dentro una luce di piombo.
E la vista si allunga su una distesa di campi allagati, su montagnole fangose di terra, sul rosso dei papaveri ai bordi dei fossi, su lavori stradali lasciati a metà.
E' tutto scolorito e sciupato dalle intemperie, persino i contorni delle case emergono dal grigiore come i tratti di un disegno a carboncino su uno sfondo desolato. Cerco rifugio sotto l'ombrello, sotto i porticati del centro, nel tepore della casa, delle coperte. Nella tenera comprensione degli occhi di Luca. Sono sicura che anche la pioggia troverà la sua quiete. Così come i miei pensieri mentre cerco di dipingerne il loro ritmo misterioso. Di tradurli, col pennello intriso di colori. Cerco ispirazione dentro me, la scavo dall'interno e ne estraggo miele, il miele degli incantesimi.
Con questa tela ho voluto rappresentare la NOTTE. La sua essenza misteriosa, sfuggente, eterea.
E' per questo motivo che nella mia mente me la sono figurata con un volto di donna, volutamente in rilievo, di una trasparenza madreperlacea.
Pallido chiarore lunare, quasi a voler creare una linea di spartizione tra la luce intrappolata nei contorni del viso ed il drappo scuro, anch'esso in rilievo, che avvolge la donna, che si confonde con lo sfondo, profondo come un pozzo, come il tappeto della notte.
Una sottile trama di ricami si staglia nel buio, sono arabeschi, volute che affondano nel bianco e rompono il colore, sono pizzo nel sensuale gioco della seduzione. Carnale e cerebrale. La notte per me ha mille segreti e mille occhi, come la coda di un pavone.


6 vasetti di yogourt alla banana
2 cucchiai di zucchero
1 bustina di vanillina
1 bicchiere di panna per dolci
2 albumi
6 fogli di gelatina
1 cestino di fragole da 250 grammi
1 cucchiaio di zucchero
mezzo limone
1 banana per decorare


BAVARESE CU IAURT DE BANANE CU SIROP DE CAPSUNI

Ingrediente:
6 pahare de iaurt de banane
2 linguri de zahar
1 plic de vanilie
1 pahar de frisca
2 albusuri
6 foi de gelatina
250 grame capsuni
1 linguri zahar
1/2 lamaie
1 banana pentru decorare


Questo importantissimo premio l'abbiamo ricevuto da Furfecchia e lo vogliamo donare a:

Minù, a Manu e Silvia, a Silvanausa, a Pagnottella, a Kris del blog Kris Foto, a Imma di Dolci a go go!, a Pippi, a Via delle Rose, a Nanny, a Onde 99, a Micaela de Il Criceto Goloso, a Dida70, a Gata Da Plar, a Lady Cocca e ad Antonietta di Ma che Bel Castello.