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martedì 15 settembre 2009

POSTCARDS FROM SICILY - PERLE DI SICILIA: L'OASI DI VENDICARI E NOTO - TORTELLONI CON RIPIENO DI CIPOLLA E CACIOTTA



Siamo ancora in Sicilia a goderci gli ultimi giorni di vacanza!!! Un bacio a tutti!!!

La testa si è svuotata dai pensieri. Li ho lasciati tutti a Bologna. I rumori del caos, i trilli noiosi del cellulare sono già un ricordo. Catania è il nostro centro di vita, con il suo ordinato e caotico traffico, dove il casco per le moto è solo un accessorio da sfoggiare attaccato al manubrio. Forse se si chiamasse "rimango in piedi" lo indosserebbero tutti ma, anche gli stessi Vigili Urbani, se ne guardano bene dall' usarlo.
Abbiamo noleggiato una macchina. Abbiamo noleggiato il nostro tappeto volante per muoverci in questi luoghi incantati lontani dal traffico.
Abbiamo testato la nostra pazienza e la nostra concentrazione. Usciamo dall'ingorgo seguendo le indicazioni per Siracusa, Noto, Pachino. Siamo alla ricerca di un' Oasi, di spiagge incontaminate. L'oasi di Vendicari è lì, scritta su un cartello marrone.
Seguiamo la strada. Polvere di sabbia bianca, fine come talco per tutta la strada. Una stradina stretta dove devi sperare di non incrociare nessuno. Non hai alternativa, o passi tu, o passano loro. Sabbia e buche per almeno dieci minuti. La velocità è un nulla. Il mio sguardo è piantato sulla strada ed il cervello lavora per muovere le braccia che cercano di evitare le buche. Sabrina mi racconta tutto quello che mi perdo, lei si riempie gli occhi dei magnifici e selvaggi panorami che ci circondano.
Un enorme parcheggio di sabbia e ulivi. Lì, lasciamo l'auto. Zaino in spalle e voglia di scoprire. Seguiamo le impronte lasciate sulla polvere da altri. Pochi metri per superare una duna ed il paradiso perduto è lì, proprio di fronte a noi. Sabbie bianche separate da ripide scogliere ed un mare che non ha nulla da invidiare a quelli caraibici. Si vedono i fondali e branchi di pesce che sfiorano le rive. La leggera risacca culla la candida sabbia. Un talco che ti accarezza i piedi e, se non fosse che il sole delle undici l'ha già resa incandescente ci saremmo già liberati della zavorra ai piedi per correre verso quelle acque cristalline che a mia memoria non ricordo di aver mai visto. No, la prima spiaggia non ci basta e decidiamo di fare una breve e ripida camminata. Affrontiamo il piccolo guado del corso d'acqua che scivola lentamente in mare uscendo dai canneti dell'oasi, saliamo sulle rocce e superiamo la piccola duna e, tra cespugli di ginestre spinose continuiamo il nostro percorso per raggiungere la nostra nuova scoperta. Gli occhi trabordano nell'azzurro, si fanno stretti per contrastare il bianco della spiaggia. Ce la attraversiamo tutta, quasi fino in fondo. I teli faranno da protezione alla mia pelle ancora lattea e a quella già più scura di Sabrina. Ci liberiamo di un anno di vestiti, di carne compressa in abiti adatti alla città. Dai teli alle piccole onde sono solo due salti e, come ama dire Sabrina, ci bagniamo le "zampette". Altri due servono per immergermi nel trasparente. Non sono capace di credere, non so più dove sono. Mi sento un corpo sollevato a mezz'aria. La parola giusta non è galleggio ma fluttuo. I miei chili di troppo non esistono più. Guardo Sabrina e la invito a seguirmi ma non ne vuole sapere. I suoi capelli e la sua piega rischierebbero l'estinzione. "Ma dai! chi se ne frega! Dai, che dopo ci spariamo una parrucchiera a Noto o ad Avola!".
Riesco subito a convincerla e la gioia di godere di quell’ enorme piacere lo assaggerò con un bacio sulle sue labbra salate.
Il sole non fa sconti ed il tempo passa troppo velocemente, così finisce l’acqua nella piccola bottiglia che ci siamo portati per resistere al caldo. Ora, anche se la voglia di continuare a godere del panorama è forte, quella della sete vince.
Ok! Zaino in spalla e si torna all’auto. Un passaggio per Noto ed il suo Lido e poi si va ad Avola.


Luca si fa strada tra le dune ed io lo seguo. Il bikini non si è ancora asciugato, ma mi sono vestita lo stesso. Lasciamo Vendicari, la sua intima ed incontaminata bellezza, i suoi fiori gialli che appassiscono al sole, le cicale e le pozze salmastre popolate da sciami di piccoli pesci. Lasciamo le palme, il volo dei gabbiani e l’azzurro del cielo che si interseca con quello del mare, in un equilibrio perfetto. Tra i capelli vi è imprigionato l’odore di salsedine, mille nodi e un po’ di sabbia. Risaliamo in macchina e percorriamo strade serpeggianti tra macchie di verde che sbiadisce lungo i pendii.
E’ tutto un susseguirsi di dossi calcarei coperti dai corpi selvatici delle piante, dai fichi d’india carichi di frutti, dai cespugli di rosmarino.
La valle che abbiamo davanti mi inghiotte lo sguardo, vogliamo raggiungere Noto seguendo la costa rocciosa a strapiombo sul mare.
Che meraviglia quei muri a secco, quei ruderi che paiono ora case, ora castelli, che sanno d’antico e d’eterno e mi emoziono sempre mentre li contemplo, mentre sfilano fuori dal finestrino sotto la luce gialla di settembre.
“Ma quanto è bella la Sicilia!” ci diciamo all’unisono Luca ed io. Ci sentiamo in paradiso e i pensieri, il lavoro, le seccature sono solo una sorta di ago talmente lontano, da non riuscire nemmeno a sfiorare la bolla del nostro sogno.
Noto ci appare all’improvviso, avvolta in un arcobaleno di luce, pigramente sdraiata, allargata sotto i raggi del sole. Ci arrampichiamo tra gli erti vicoli, da lassù sembra d’essere su di un palco, a godere di uno spettacolo così suggestivo.

Passeggiamo come turisti della nostra fantasia, decidiamo di trascorrere il pomeriggio in tutta calma, un pomeriggio che sia un elogio alla lentezza. Inspiriamo settembre ed ogni scorcio che questa cittadina ci regala.
Scendiamo fino alla piazza e davanti a noi si srotola una lunga strada di sole, la percorriamo abbagliati, il riverbero dell’oro sui marciapiedi ci acceca.

Percorriamo questa arteria solenne, costellata da chiese e palazzi antichi, in un contesto di bellezza traboccante. Ci soffermiamo davanti al teatro, sotto le decorazioni di un balcone, davanti ad una mostra pittorica.
Noto è una piccola città ricca di sfarzi, è una città fatta di arenaria e straripante di Barocco. Nel presente bagliore riusciamo a percepirne l’antico e lo viviamo senza una guida turistica, senza una mappa. Lo viviamo con gli occhi e con la fantasia.La sensazione che proviamo è quella di una profonda armonia, di un silenzio che riempie le strade nonostante le frotte di turisti che le invadono. Ci abbandoniamo al piacere di un’altra granita mentre il sole continua a srotolarsi sul tappeto della città. Più tardi raggiungeremo Avola, la patria del Nero che preferiamo, cercheremo anche una parrucchiera per i miei capelli, ma solo più tardi e questa notte sarà di nuovo il cielo, il lenzuolo nel quale ci avvolgeremo.
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TORTELLONI CON RIPIENO DI CIPOLLA E CACIOTTA


Ingredienti per il ripieno:

2 cipolle Tropea

400 gr di caciotta
un filo d'olio extravergine d'oliva
sale e pepe
vino bianco

Ingredienti per il sugo:

2 rametti di rosmarino
passata di pomodoro
burro
un po' di cipolla rosolata
sale e pepe

Prepariamo il ripieno dei tortelloni. Affettiamo molto sottilmente le due cipolle e le facciamo rosolare in una padella insieme ad un po' d'olio extravergine d'oliva. Quando saranno dorate andremo a sfumare con un po' di vino bianco e una volta evaporato, regoliamo di sale e di pepe. Lasciamo raffreddare.
Nel frattempo tagliamo a cubettini la caciotta, noi abbiamo usato la Monte San Pietro.
Impastiamo la farina e le uova e tiriamo la sfoglia. Andremo a riempire i tortelloni col nostro ripieno di cipolla al quale aggiungeremo un cubettino di caciotta tenera.

Ora prepariamo un sughetto molto semplice. In una padella facciamo fondere del burro al quale andremo ad unire un po' della cipolla del ripieno (che abbiamo tenuto da parte) ed un po' di passata di pomodoro, noi ne abbiamo usata pochissima. Regoliamo di sale e di pepe ed aggiungiamo i rametti di rosmarino, che andranno a donare al piatto un profumo davvero invitante.
Facciamo cuocere i tortelloni in acqua salata, li scoliamo al dente e li andremo a fare saltare nella padella col condimento. Dopodichè impiattiamo e non vediamo l'ora di sederci a tavola per gustarli. Deliziosi!
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