A HOLE IN THE MORNING - VELLUTATA DI ZUCCHINE E SPECK CROCCANTE REGALANDOCI AMORE, DOPO UNA TRISTE GIORNATA

Me l'hanno uccisa!

Avevo puntato per sbaglio la sveglia alle 5 quando, invece, Sabrina si sarebbe dovuta svegliare alle 6. Un' ora prima! Con la mano cerco nel buio il cellulare, che con il suo trillo fastidioso grida che la giornata incomincia. Lo spengo e abbraccio Sabrina cercando di regalarle un po' di calore.

La giornata è fredda. Dalla finestra la luce dei lampioni dovrebbe precedere quella del giorno. Sabrina è stretta a me, la sento agitata poi, ad un tratto, "Luca, sento dei rumori". "No Sabrina, c'è un gran silenzio, stai tranquilla!"

Passano si e no 10 minuti ed un fragore rompe il silenzio, pochi secondi ed un altro forte rumore dilania la quiete. Penso tra me e me "ma proprio a quest'ora devono vuotare la campana del vetro? Meglio che ripunti la sveglia.......!

Mi accoccolo ancora più vicino a Sabrina, la stringo per darle sicurezza, questi ultimi rumori l'hanno scossa. "Nulla, non è successo nulla" Glielo ripeto con il tono più dolce che conosco.

Dlin! Dlon! Dlin! Dlon! Dlin! Dlon! Dlin! Dlon! "Ma che ore sono?" Sabrina è tesa ed io non sono da meno. Mi alzo incurante del freddo e vestito di sola fruit e boxer vado alla porta. Guardo dallo spioncino e.....nessuno. Apro la porta con molta lentezza ed una voce mi chiama per cognome. “Siamo dei Carabinieri, la sua auto è stata coinvolta in un incidente”. Il nodo alla gola che mi ha sorpreso mi ha fatto solo dire "arrivo subito". Sabrina è sbigottita. "Vengo anch'io, sto con te, non vado a lavorare!" mi supplica. "Si, si, ma inizia a prepararti che al lavoro è meglio se ci vai!".
Penso che Superman, quando entrava nella cabina telefonica per cambiarsi, ci impiegava di più a vestirsi. Vestirsi.....un eufemismo. Mi sono messo le prime cose che ho trovato a portata di mano e mi sono fiondato fuori in strada.

Cerco la mia macchina con gli occhi e non la vedo al suo posto. No, è la! Sarà a cinque, dieci metri da dove l'avevo parcheggiata e con la parte posteriore rivolta verso di me. Il portellone è spalancato. Vedo una ruota appoggiata alla macchina di Sabrina. Man mano che mi avvicino mi rendo conto di cosa è successo. Ci sono i miei attrezzi sparsi per una cinquantina di metri. Luci blu che lampeggiano, Le Forze dell'ordine in mezzo alla strada. Alcune persone che, come al capezzale di un morto, guardano la scena.

Non capisco nulla! Sono frastornato. Provo a raccogliere qualche frammento di fanale, il mio trapano, una vite, due viti, tre viti. Vado verso la gomma. E' lì, appoggiata all'auto di Sabrina. La sposto con delicatezza temendo per il danno che avrei trovato sotto. Nulla per fortuna. A pare un cerchione graffiato e speriamo nient’altro. Vado verso i Carabinieri per chiedere cosa è successo e loro mi anticipano con un "ci dà l'assicurazione ed il libretto?". Mi avvicino alla mia macchina. Mi fermo alcuni secondi a guardarla. Il portellone aperto sembra un urlo disperato, un fragore di dolore. I fanali non ci sono più. Sembra un viso a cui abbiano cavato gli occhi. Apro la portiera e recupero i documenti. Torno dai Carabinieri e mi faccio raccontare l'accaduto.

Un ragazzo di 19 anni, ubriaco (così mi hanno detto loro, in base al suo alito ,quando è sceso dal suo Fiat Scudo), ha:

colpito un camioncino cassonato circa 130 metri più in là, che ruotando di 180 gradi ha colpito un'Opel Agila scaraventandola contro un cancello a circa tre metri di distanza, poi è arrivato contro la mia, l'ha fatta ruotare su se stessa facendola salire sul marciapiede e abbattendo due segnali stradali.

Diciannove anni! Ma quanto andava veloce! Centotrenta? Centocinquanta? Guardo il suo automezzo e mi rendo conto che il frontale destro del suo furgone è appoggiato al sedile del passeggero. Forse chi mi ha risposto in quel momento mi ha letto lo sguardo, "No, era da solo!" Non so chi abbia parlato ma, da un certo punto di vista mi sono sentito sollevato. "Ma come sta?" Chiedo ai Carabinieri. "Non lo sappiamo, ma camminava intontito dalla botta. Ora è al Sant'Orsola" Mi rispondono cercando di consolarmi con lo sguardo.

Torno verso la macchina di Sabrina per guardare meglio se ci sono danni. "Ma c'è la mia scala lì sotto" Mi inginocchio sull'asfalto bagnato di questa fredda mattina che non sta iniziando proprio nel modo giusto. Cerco di sfilare la scala ma non ne vuole sapere. "Luca cosa è successo?" Sabrina è sul marciapiede vicino alla mia Picasso. La guardo. La mia Compagna della Vita e la mia compagna di lavoro. Sabrina è come sempre bellissima. La mia Picasso……no! Con Sabrina ho ancora una vita da affrontare, la mia vecchia Picasso mi sa che……Guardo il retrotreno, le ruote sono disassate di almeno trenta centimetri. Il fascione, dietro il paraurti, è rientrato di almeno venti. Le portiere sono attaccate al paraurti, piegate. Dentro tutti i fogli con gli appunti, i documenti che mi scordo sempre di portare in casa, la mia borsa degli attrezzi che avevo appoggiato per la mia solita fretta sul sedie posteriore, non sono al solito posto. Sono uniformemente sparsi per tutto l’abitacolo. Avete presente come sono le strade dopo un carnevale? Un disastro su tutti i fronti.

Guardo Sabrina, mi avvicino per prendere il bacio che mi sta offrendo. Le racconto i fatti, l’accaduto. Tutti i giri che hanno fatto le varie macchine colpite dall’auto lanciata all’impazzata, guidata da un ragazzo di diciannove anni. “Sta arrivando il padre!” Le mie orecchie rubano questa frase al capannello di spettatori. Penso al quel padre, alla rabbia ed alla paura che ha dentro. A tutti i pensieri che gli passano per la testa. A quanto deve essere preoccupato per la salute del figlio.

Diciannove anni! Avrà finito la scuola da poco e da poco ha la patente. Una vita intera davanti. Una vita di cui, come mi disse il Comandante dei Vigili Urbani tanti, tanti, tanti anni fa, si è giocato il primo bonus. Questa cosa me la disse perché mi vide superare in modo, secondo lui azzardato, un’ auto che praticamente si stava fermando. Il fatto è che me lo disse davanti a mio Padre, dentro all’ufficio che ora è lì, proprio di fronte alla mia auto. Lì di fronte c’è la mia macchina e sembra che stia guardando dentro quell’ufficio, come per cercare mio padre che lì non c’è più.
Sabrina mi consola, mi è vicina, mi abbraccia. Trova le parole giuste per darmi quell’energia che mi sta abbandonando. Sabrina…guardo l’orologio e la bacio. Deve andare al lavoro ed io devo liberare la sua auto dalla mia scala. Mi armo di crick, sollevo e sfilo la scala. Sabrina non vuol partire, non mi vuole lasciare in quello stato. Sabrina mi manca già nel momento in cui sento il motore della sua auto mettersi in moto. Le luci dei suoi fari si allontanano ed io sono ancora lì.

Raccolgo tutto quello che posso mentre i netturbini puliscono la strada dai resti dell’incidente. Chiamo il carroattrezzi. Passano i minuti e la strada torna ad essere strada. Le luci gialle arrivano. Le luci gialle si portano via il metallo che mi ha protetto per tanti chilometri, che mi ha fatto conoscere paesi e città. Portano via, come dice Sabrina, “il nostro dolce monolocale”. Quasi 9.000 euro sono i danni e l’assicurazione mi risarcirà il solo valore dell’auto. Ma i 4.000 euro che non mi daranno me li dovrò togliere dalla tasca io. I 4.000 euro che mi mancano per comperare un altro automezzo, usato, per poter svolgere il mio lavoro, per poter pagare i debiti, per pagare quei quattromila euro che nessuno mi darà.

Ad un diciannovenne toglieranno la patente, il padre gli strapperà il contratto della nuova auto che gli avrebbe regalato a Natale. A me e a Sabrina rimarranno solo il ricordo ed altre rinunce.
Quando smetteranno di piovere pietre?

Qualcosa di verde stasera. Qualcosa di verde, di caldo e profondo per colorare, avvolgere ed annegare i pensieri. Per mettere il coperchio ad una giornata irreale, fredda e tagliente. Mi sono sforzata di sorridere davanti ai miei pazienti al lavoro, abbozzi di sorrisi bagnati da lacrime asciutte. Il dolore è uno squarcio, ha i contorni dello sguardo smarrito di Luca, ha il suono raggelante di un campanello che spezza il sonno nella nostra camera da letto, che sale lungo la schiena, che irrompe nella mente e cambia ancora forma, trasformandosi in fitta di paura. L'arancio dei lampioni tra il groviglio del buio ed il blu dei lampeggianti, tra l'esplosione dell'acciaio e gli attrezzi familiari di Luca, sparsi ovunque sull'asfalto, tra gli sguardi sbigottiti di estranei e i flash di una macchina fotografica. E' tutto così irreale, così metallico, sembra che sia esplosa una bomba in mezzo ad una strada. E dentro noi. Mi allontano con un accordo stonato di pensieri, con una lastra di marmo su stomaco e cuore. Siamo le vittime dell'incoscienza di un ragazzo che ci ha rubato la serenità, ma si sa, sono sempre le vittime che devono pagare. Abbiamo vomitato la parola INGIUSTO.

Con questa ricetta partecipiamo alla raccolta di Cristina.

Non è per dimenticare, ma almeno distrarci, scaldarci un po' l'umore.

Vellutata di Zucchine con Speck Croccante

1 Kg di Zucchine
1 Cipolla Tropea
Dado Vegetale
Prezzemolo
10 gr di Amido di Mais
50 gr di Burro
50 gr di Parmigiano
60 gr di Speck a cubetti
Vino bianco secco
1 Tuorlo

Tagliamo le zucchine in grossi pezzi e le mettiamo, assieme alla cipolla tagliata grossolanamente, in padella. Facciamo rosolare lentamente il tutto e, appena la cipolla inizia leggermente ad imbiondire, sfumiamo con mezzo bicchiere di vino e stemperiamo un dado. Lasciamo completare la cottura per circa 25 minuti. Ci armiamo di mixer e frulliamo il tutto assieme ad un bel mazzetto di prezzemolo. Quando inizia a formarsi una crema densa, Sabrina scioglie in un po' d'acqua (un cucchiaio) l'Amido di mais che poi, poco alla volta, versiamo nella crema assieme al tuorlo d'uovo. Quando riteniamo che il mixer abbia fatto il suo dovere, rimettiamo tutto sul fuoco per 5 minuti poi aggiungiamo il burro ed il Parmigiano Reggiano grattugiato. Mescoliamo, amalgamando per bene la vellutata ed impiattiamo. In una padellina mettiamo lo speck a rosolare e, bello caldo e croccante, lo aggiungiamo nei piatti assieme ad un'abbondante pioggia di pepe macinato.