La tensione si taglia con il coltello, quello, il più affiliato, quello che dovresti usare con i guanti in maglia d'acciaio. Il più pericoloso, quello, quello che non tieni a portata di mano, quello che usi soltanto se ci sono io e quando le bambine sono lontane.
Quello che taglia solo con il pensiero, quello che anche un chirurgo non userebbe perché troppo tagliente.
Si tratta solo di una gita. “Ok!” mi dici forse con il pensiero, un pertugio mentale senza il pollice alzato. Non sei convinta della cosa. Analizzi ogni mia parola come se il mio verbo fosse sempre sbagliato.
Purtroppo l'estate è ancora lontana e se ne sta ben nascosta dentro gli armadi.
I colori che avevi pensato per la nostra principessa quasi quattrenne, non sono ancora adatti a questa primavera birichina che sgocciola ad ogni tre per due.
Apri l'anta e sfiori i colori, le mezze maniche, i pantaloncini a pinocchietto, le gonne colorate, i leggins di cotone leggero, l'allegria delle magliette.
Ancora non è il tempo di sfilarle una dopo l'altra, allora le spieghi e le ripieghi, le affianchi e studi l'armonia dei pigmenti della stagione che ancora deve nascere.
Le abbini, sognando il mare, la sabbia e l'afa insopportabile.
Spieghi, ripieghi e reimpili aspettando il momento, che vedrai che ripetitivo sicuramente arriverà.
Tocchi le stoffe, ne soppesi le consistenze, il vellutino, la taglia che ogni mese cresce.
Tocchi le stoffe, ne soppesi le consistenze, il vellutino, la taglia che ogni mese cresce.
Scopri quelle che già saranno piccole e le cambi d'armadio. Athena ne sarà la prossima proprietaria, cosa certa e sicura.
Ancora il grigio, la manica lunga con Calimero che “...sicuramente la Pupattola non vorrà coprire...” mi dici; la felpa, quella grande e pesante, il maglioncino di cotone che “... ma Alice Ginevra lo chiederà poi alle Dade? ...”, il pigiama rosa con il maialino VIP, quello invernale, quello che avevi già imbustato per il prossimo inverno (forse).
Dubbi, ancora incertezze, esitazione.
Mi chiami e cerchi il mio conforto. Crei la sfilata sul mezzo metro quadro del fasciatoio, riempiendomi di domande, nella speranza che io riesca a sciogliere il nodo della questione, che frantumi quel senso diafano di malcelata rabbia per tutti i tuoi piani saltati, per tutti quei gioiosi abitini adatti anche alle foto.
La tua principessa sarà ugualmente la più bella.
Mi chiedi, cerchi risposte, ma sono certo che, le mie risposte, non ti daranno le certezze che cerchi, la serenità che vorresti.
Non è facile rassicurare una Mamma che sa che la sua quasi quattrenne dormirà fuori la notte, dentro ad un sacco a pelo, lontana da lei, senza i suoi riti, senza il suo titto, senza tutte quelle cose che le regaliamo ogni sera.
Sono sicuro, conosco già le risposte, le leggo nei tuoi occhi, nelle piccole pieghe che si formano sulla tua fronte quando sei preoccupata.
Le leggo nelle piccole cose, nei sorrisi che mi lanci, negli sguardi che non mi fai mentre ti concentri nella ricerca della cosa giusta, nel tepore di casa e, soprattutto, di quello della mamma che solo per quella notte non potrà abbracciarla e darle la buona notte.
Io “macchio” (maschio), come dice Alice Ginevra nel suo lessico ancora imperfetto, sono molto più semplice, più facilone. Analizzo e rispondo solo con la logica, nascondendo accuratamente le mie preoccupazioni sotto a tutto quello che mi pare scontato. “Basta andare in terrazza e capisci che non sarà caldo...”.
Lo so che fatichi ad ascoltarmi, che non vuoi accettare l'eccesso di fresco che questa stagione di mezzo detiene, ma la realtà la senti sulla pelle, la vedi sui peli ritti delle mie braccia. Non è ancora stagione.
Cerco le risposte giuste per te, cerco tra le mie ovvietà di non trasmetterti anche le mie preoccupazioni.
Domani sarà l'avventura per la nostra quasi quattrenne. Sarà un'esperienza che ci racconterà (forse) nel tragitto verso casa.
La tensione è il frutto della potenza dell'avventura che la Pupattola vivrà e di quella dei suoi genitori che passeranno la nottata ad immaginare, a fremere per tutti i pensieri che riempiranno la loro mente.
Il pomeriggio arriva ancora più impietoso del previsto. Tutti i piani, compresi i miei si arrotolano su se stessi.
Gli impegni che si allungano, i messaggi che riempiono il cellulare così come liberano il piccolo zaino.
Non è in preventivo uno zaino nuovo, ma devo trovare altri dieci minuti affannati per recuperarlo nel ritorno verso casa, scontrandomi con i vacanzieri del ponte che intasano l'autostrada alla volta del mare.
Se la vita è fatta di attimi, stranamente quei pochi minuti che riesco a racimolare diventano un nulla intenso, un fremito infinito.
Addomesticare l'ansia, a quanto pare, è una parte importante del mestiere del genitore ed è sicuramente una delle cose più difficili a cui fare fronte.
Finalmente a casa. Mezzora alla partenza.
“Ho fatto le mie scale tre alla volta...” e trovo Alice Ginevra stesa sul divano che si abbevera di cartoni animati, mentre tu ancora ti affanni, apri e mi mostri le scatoline con la frutta, i mirtilli che Alice Ginevra adora, i panini con la fesa di tacchino e la fogliolina di lattuga con una goccia di maionese, le pizzette che sei dovuta uscire una seconda volta perché le prime si sono bruciate.
La felpina, il maglioncino, la maglietta ed il resto dei cambi. “Ma gli stivali?” ti chiedo, “no quelli ora non servono più, basta un secondo paio di scarpe!” mi rispondi e mi mandi per un battito di ciglia in confusione.
Ho corso, mi sono affannato, dirottato dai vari whatsapp che mi leggevi, contando anche i secondi e le loro frazioni.
“Ma l'impresa eccezionale è essere normale...” Continuo a canticchiarmi il grande Lucio nella mente.
Il tempo continua ad allungarsi, ad estendersi su una distesa di cose da fare e di altre già fatte.
Il tempo è una cosa strana, quando ne hai non ti basta mai, quando non ce n'è più riesci a trovarne ancora per ritardare tutti.
Alice Ginevra si siede sulla tazza ma non riesce ad esaudire il suo desiderio di liberarsi e, come è facile immaginare, la tensione che aleggia in casa di certo non l'aiuta. Ok, la farà a scuola, diventa la decisione finale.
Il giardino della scuola è già pieno, il vociare dei genitori riempie tutti gli spazi del parco.
Cerchiamo ancora conforto dalle dade, sdrammatizzo sbagliando, secondo te, il momento. Poi il pulmino bianco arriva e la partenza della avventuriera ormai è vicina.
Noi e il resto dei genitori ci avvolgiamo al mezzo di trasporto, telefonini pronti a memorizzare l'attimo, noi con la nostra bridge sembriamo i più vintage del gruppo.
Tento le foto ma i vetri riflettono solo i volti nostri che si specchiano sui finestrini fumé del pulmino.
Ma forse sono proprio i nostri visi quelli che è giusto ricordare. Volti felici per trasmettere sicurezza alla nostra avventuriera che passerà la notte a cercare nel bosco delle colline animali fantastici, rumori nuovi, le luci delle stelle ed il buio della notte.
Tu ed io con gli occhi chiusi, nel sonno che fermenta i sogni, aspettando il mattino che, strano ma vero arriva quasi subito.
Mi rigiro nel letto cercando un filo di luce per illuminare il quadrante dell'orologio, muovendo il polso per dar luce alle lancette veloci ed a quelle lente.
La sveglia non suona, ma dolcemente ti sveglio. Lo so che è presto, lo so che alle dieci mancano ancora tre ore, lo so che ci vogliono solo venti minuti per andarla a prendere. Lo so!
L'aria della sera, frizzante e birichina non c'è più, il sole ha già riscaldato i dintorni e le mezze maniche danno sollievo.
Bologna è quasi vuota, frutto del ponte vacanziero iniziato.
Si sale per la collina verde e fresca, le chiome degli alberi si scuotono leggere alla brezza che all'ombra rinfresca l'aria.
Quattro passi in salita, con la piccola Athena Giada che corre verso la sorella, Athena Giada che nella notte profonda ha gridato il suo nome venti e più volte, nel sogno.
Arriviamo che lei fa il suo lavoro preferito. Gioca.
La piccola le corre incontro a braccia aperte, si abbracciano, si soffocano d'affetto.
Alice Ginevra, ti siamo mancati? No mamma! Falsa fino al midollo! Gli occhi si illuminano, brillano e ci abbraccia forte.
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I nostri pescivendoli di fiducia, a Comacchio, ci avevano raccomandato queste mazzancolle, appena pescate nel vero senso della parola. Impossibile resistere, considerando la freschezza visibile a occhio nudo, la carnosità e la tenerezza di questi crostacei.
Abbiamo deciso di portarli in tavola in, quasi purezza, semplicemente marinandoli con olio extravergine, succo di limone, sale, pepe e con l'aggiunta di una nota fresca e altrettanto profumata, quella delle fragole.
MAZZANCOLLE FRESCHISSIME ALLE FRAGOLE
Ingredienti:
500 g di mazzancolle freschissime
15 fragole mature e dolcissime
il succo di 2 grossi limoni spremuti
olio extravergine d'oliva di ottima qualità (noi siciliano)
sale grosso aromatizzato alla vaniglia, macinato al momento
pepe nero macinato
La condizione necessaria e fondamentale per la bontà del piatto è la freschezza delle mazzancolle, quindi per noi sono al bando quelle sottospecie di esemplari in vendita presso i banchi del supermercato, con provenienza d'oltreoceano e aspetto poco appetitoso. Detto questo, procediamo ad illustrare la preparazione del piatto.
Laviamo accuratamente le fragole e le tagliamo a pezzetti. Le irroriamo con un po' di succo di limone e le lasciamo riposare in frigorifero per circa mezzora.
Nel frattempo puliamo le mazzancolle, rimuovendo il carapace e il filetto nero addominale, con un po' di pazienza.
Disponiamo le mazzancolle in un piatto di portata. A parte, in una ciotolina prepariamo un'emulsione mescolando olio extravergine d'oliva di ottima qualità con il succo spremuto di 2 grossi limoni. Irroriamo generosamente le mazzancolle con la nostra marinatura e completiamo con alcune macinate di sale grosso aromatizzato alla vaniglia e con alcune macinate di pepe nero.
Aggiungiamo quindi le fragole e copriamo il piatto di portata con della pellicola trasparente.